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Uccide la moglie a coltellate, poi la confessione da brividi

Il caso dell’omicidio di Tiziana Vinci ha suscitato forte sconcerto nell’opinione pubblica, ponendo ancora una volta l’accento sulle tragiche conseguenze della violenza domestica e sulle difficoltà nel proteggere le vittime. La vicenda si è consumata il 14 agosto 2025, quando Umberto Efeso, 57 anni, ha raggiunto l’ex moglie presso il suo luogo di lavoro, ponendo fine alla sua vita con una brutale aggressione a colpi di coltello. Una relazione segnata da mesi di minacce e ossessioni si è conclusa nel modo più drammatico, lasciando sei figli e una famiglia distrutta.

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Minacce e segnali d’allarme ignorati

Secondo le risultanze delle indagini, Efeso era stato sopraffatto da una gelosia crescente dopo la separazione, che lo aveva portato a elaborare un piano premeditato. Le sue dichiarazioni successive, raccolte nell’immediatezza dell’arresto, hanno rivelato un profondo risentimento: in particolare, la frase Non dovevi mettermi contro i figli è stata riportata da una collega di Tiziana presente al momento dell’aggressione, testimoniando il clima di tensione familiare che precedeva il tragico epilogo.

Tiziana aveva denunciato ripetutamente le minacce subite, tra cui frasi agghiaccianti come “Farai una brutta fine” e Ti taglio la testa. Nonostante ciò, le misure di protezione si sono rivelate inefficaci.

Il braccialetto elettronico e l’illusione della sicurezza

Efeso era sottoposto a braccialetto elettronico, applicato nel giugno 2025 come misura cautelare per allontanarlo dalla vittima. Tuttavia, il dispositivo si è rivelato inefficace: dopo l’omicidio, l’uomo se ne è disfatto durante la fuga. Secondo il suo avvocato, il braccialetto aveva già mostrato problemi tecnici, mettendo in discussione la reale capacità di prevenzione di questi strumenti.

Le dinamiche dell’omicidio e i messaggi vocali

L’aggressione è avvenuta mentre Tiziana era al lavoro, colpita con tre fendenti al fianco. Oltre alla testimonianza diretta di una collega, gli inquirenti hanno acquisito messaggi vocali inviati dall’assassino subito dopo il delitto. In uno, rivolto al datore di lavoro Alessandro Laghezza, Efeso ha detto: “E ora devono piangere amaro, la devono tenere sulla coscienza. Loro l’hanno ammazzata, io l’amavo mia moglie”. Un secondo messaggio, inviato a un amico, ribadiva la confessione: “Ho ammazzato mia moglie”.

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