Lo sfogo di Del Debbio
“Non so se è finito un mondo – dice Del Debbio a Nicola Porro – Certamente è finito il tempo di farci continuare a prendere per il c*** da Stellantis”. Sia per lo “scarso senso istituzionale che hanno dimostrato”, visto il rifiuto di John Elkann di presentarsi in Parlamento. Sia per la “boriosa e sprezzante lezioncina che Tavares ha voluto darci”. Certo, può darsi che i giovani oggi non considerino più l’auto come uno status simbol. È facile immaginare che il settore sia in crisi non solo in Italia, ma per Del Debbio “tutto questo non vuol dire nulla sulle promesse non mantenute”.
Stellantis ha “beccato per la cassa integrazione tra il 2011 e il 2024 ben 886 milioni di euro”, oltre al resto “Che fine hanno fatto questi soldi? – si chiede Del Debbio – Basta. Vogliono fare tutto all’estero? Lo facciano. Ma non chiedano più soldi e non ci prendano per il cul*. È finito quel tempo”. A parlare dell’argomento anche il leader di Azione Carlo Calenda, pure lui ospite del talk, che si è soffermato però sulla figura del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini: “Quando c’era Marchionne e la produzione italiana saliva Landini ha fatto tante dichiarazioni contro, ora sono molto poche. Cosa è cambiato? È cambiato che gli Elkann hanno avuto un’idea geniale, si sono comprati il giornale la Repubblica”. (continua dopo il video)
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"Tavares smettesse di fare il portoghese, perchè di tutte le promesse fatte non ne hanno mantenuta alcuna."#DelDebbio #quartarepubblica pic.twitter.com/SgjJd8wH3m
— Quarta Repubblica (@QRepubblica) November 4, 2024
La richiesta di Stellantis
Carlos Tavares, AD di Stellantis, in Parlamento è tornato a chiedere incentivi per favorire l’acquisto di auto elettriche che gli automobilisti italiani non vogliono. Nuovi soldi prelevati dai contribuenti per tenere in piedi il mercato nonostante l’azienda stia chiedendo ai suoi fornitori di spostare all’estero parte della produzione della componentistica; nonostante il blocco della produzione a Mirafiori; nonostante la realizzazione di diversi modelli in Polonia, Algeria e Serbia; nonostante la garanzia pubblica di 6,3 miliardi incassata del 2020; e nonostante la (utopica) promessa di produrre qui 1 milione di auto al momento ben lontana dall’essere sfiorata.