News Tv. Carlotta Ferlito, la famosa atleta, prende il palco de “Le Iene” per denunciare gli abusi subiti durante le preparazioni alle gare: è stata vittima di violenze psicologiche e fisiche che dopo anni ha deciso di denunciare. Il monologo struggente fa riflettere. Ecco cosa si cela dietro la vita di una ginnasta a soli 14 anni.
Carlotta Ferlito ferita psicologicamente e fisicamente
Carlotta Ferlito è famosa per essere stata una importante ginnasta Italiana. Ha partecipato ai Giochi olimpici giovanili di Singapore, alle Olimpiadi di Londra 2012 e di Rio de Janeiro 2016, ai Mondiali di Tokyo 2011, Anversa 2013 e Glasgow 2015, oltre che a quattro edizioni dei Campionati Europei. Parliamo al passato perché ora, dopo aver preso il coraggio di fare la cosa giusta non ha più accesso alle gare. La storia della talentosa ragazza inizia a 12 anni quando si trasferisce a Milano per seguire la ginnastica a livello professionale. Dopo pochi anni diventò protagonista di “Ginnaste – Vite parallele” su MTV, che le fece fare il botto anche in televisione.
La sua carriera in ascesa faceva si che Carlotta passasse la maggiorparte del suo tempo in palestra accanto ai suoi allenatori con il quale aveva un ottimo rapporto. Il problema erano gli allenatori della Federazione “il clima era molto più teso” ha raccontato alla iena Roberta Rei. “Abbiamo subito abusi psicologici e fisici”. Dopo anni ha deciso di denunciare i fatti ma “non è andata benissimo”, dopo quel momento non ha più gareggiato a livello internazionale. Nello studio de “Le Iene” ha recitato un lungo monologo contro la violenza e gli abusi psicologici e fisici ricordando la sua drammatica esperienza.
Il monologo di Carlotta
Le parole struggenti di Carlotta Ferlito a “Le Iene”, una ragazza, una donna che sembra aver davvero sofferto. Bisogna sempre avere il coraggio di denunciare, per se stessi e per il bene degli altri. Ecco quindi che la Ferlito ha confessato: «Vi assicuro che per un’atleta la cosa più difficile al mondo è essere allontanata dallo sport che hai praticato fin da piccola, lo sport per cui hai dato tutto. Ma io ho parlato con la convinzione che se provi a far sentire la tua voce, alla fine, qualcuno ti ascolta. Questo sport non può e non deve più essere fatto anche di violenze psicologiche e fisiche. Nessuna ragazzina dovrebbe essere presa a sberle, umiliata se chiede di andare in bagno, costretta a fare esercizi dove rischia l’osso del collo solo per punizione. Essere chiamata maiale per aver osato mangiare un biscotto in più. Nessuna dovrebbe essere costretta a dimenticare dove sta il confine tra il giusto e lo sbagliato, tra normalità e malattia, come è successo a me che ad un certo punto ho accettato quasi tutto. Ma ho reagito e oggi quel confine ce l’ho ben presente.
Per questo voglio scegliere con la mia testa, imparare a guardare il mio fisico con affetto anziché con paura, recuperare le cene saltate e stare lontana dalla violenza. Imparare a perdonarmi. Voglio decidere quando e come inizia e finisce la mia carriera, essere autonoma, anche scomoda se serve. Non obbedire a nessuno. Ogni giorno cerco di migliorare come facevo in passato da atleta, oggi lo faccio da persona, da donna, stavolta da sola, senza che nessuno possa permettersi di dirmi cosa è giusto e sbagliato per me».