“Un’eredità che viene dalla radio”
Il progetto prende il nome da un format che Giannini aveva già portato con successo su Radio Capital, poi diventato podcast e rubrica fissa sui supplementi di Repubblica, Affari & Finanza e D. «Volevo tradurre in immagini e volti quel tipo di confronto. Circo Massimo nasce dal desiderio di rimettere al centro le idee e chi ne è portatore. In un’epoca in cui si rincorrono like e slogan, credo serva tornare al valore della parola ragionata», ha spiegato sempre Giannini.


“In tv serve meno rumore e più intelligenza”
Intervistato da Tv Sorrisi e Canzoni, Giannini ha chiarito il suo approccio al dibattito televisivo: «Oggi troppi talk show si reggono sull’urlo, sulla polemica costruita a tavolino. Io invece voglio un programma dove si può parlare anche piano, senza cedere alla spettacolarizzazione del conflitto».
E aggiunge: «Il pubblico non cerca soltanto emozioni forti, ma chiarezza e competenza. È la stessa ragione per cui accetto di partecipare a programmi come Otto e mezzo o Che Tempo che fa: perché permettono di esprimere un pensiero senza gridare». Il conduttore cita anche un dato recente dell’Istat: l’80% degli italiani si informa ancora attraverso la tv generalista. «Questo significa che il mezzo televisivo ha ancora una responsabilità enorme. Dobbiamo usarlo per offrire strumenti di comprensione, non per alimentare il caos», ha evidenziato.
Con Circo Massimo, il Nove continua a investire in un palinsesto sempre più ricco di informazione e cultura, affiancando l’intrattenimento popolare a contenuti di approfondimento di qualità. Ogni puntata durerà 90 minuti e sarà costruita come un viaggio: dall’editoriale di apertura firmato da Giannini, alle analisi degli ospiti in studio e in collegamento, fino ai contributi video e ai servizi che accompagneranno la discussione. Un progetto ambizioso che guarda al futuro, ma con un passo più umano.
«Non vogliamo correre dietro all’attualità vogliamo camminare dentro di essa, con lentezza, lucidità e spirito critico. Perché capire il mondo che verrà significa prima di tutto imparare ad ascoltarlo», ha concluso.