L’intervento dell’avvocato Cataliotti in diretta
In collegamento esterno, l’avvocato Cataliotti, difensore di Andrea Sempio, ha preso la parola per chiarire la posizione della difesa. Il legale ha spiegato di ritenere che la perizia della dottoressa Albani sia stata, in più occasioni, rappresentata al pubblico in maniera parziale o comunque non pienamente aderente al contenuto integrale degli atti. La sua intenzione, come dichiarato in diretta, è stata quella di riportare la discussione sui dati tecnici effettivamente presenti nel fascicolo. “Parto dalla presentazione dell’unico atto contraddittorio, che è la perizia della Dottoressa Albani, che spiego come sia stata rappresentata in modo totalmente distorto”, ha dichiarato l’avvocato, sottolineando come, a suo avviso, alcune certezze presentate in televisione o sui giornali non troverebbero un riscontro letterale nelle conclusioni della consulente.

DNA misto e banche dati limitate: cosa sostiene la difesa
Entrando nel merito delle analisi genetiche, Cataliotti ha richiamato l’attenzione sulla natura del campione oggetto di studio. Secondo quanto riportato in trasmissione, il materiale esaminato non sarebbe riconducibile a un singolo soggetto in modo netto, ma presenterebbe caratteristiche che impongono cautela nella valutazione. L’avvocato ha spiegato che questi aspetti risultano espressamente indicati nella perizia Albani. “Per prima cosa il DNA è misto, è lasciato quindi da almeno due persone. È degradato, e questo viene detto 14 volte nella perizia”, ha ricordato il legale, rimarcando come tali elementi, a suo giudizio, non siano stati adeguatamente evidenziati nel racconto mediatico del caso. Il riferimento alla degradazione del campione e alla sua non univocità viene proposto come dato centrale per comprendere i limiti dell’analisi.
Un ulteriore punto sollevato dalla difesa riguarda il metodo utilizzato per la comparazione del DNA con le persone inserite nelle banche dati. Secondo quanto dichiarato da Cataliotti, la procedura applicata si baserebbe su un esame biostatistico effettuato su banche dati parziali, ritenute numericamente ridotte o comunque non pienamente rappresentative della popolazione di riferimento. L’avvocato ha citato un passaggio che ritiene centrale: “I due picchi possono essere sbagliati, e la comparazione è stata fatta con banche dati molto scarse”. E ha aggiunto, in relazione alla risonanza pubblica di questo aspetto: “Questa cosa non l’ha detta nessuno”. Per la difesa, il fatto che la comparazione sia stata effettuata su basi statistiche limitate influisce in modo significativo sul peso probatorio attribuibile al risultato di compatibilità.

La presunta compatibilità con la linea familiare di Andrea Sempio
Nel prosieguo del collegamento, Cataliotti ha ricordato anche un confronto diretto avvenuto con la stessa consulente tecnica. Secondo il racconto del legale, durante le interlocuzioni con la dottoressa Albani sarebbe emerso il tema dell’adeguatezza delle banche dati utilizzate e dell’eventuale incidenza di archivi più ampi o specifici per area geografica sull’esito finale della comparazione genetica. “Io ho chiesto alla dottoressa Albani se una banca dati compatibile a Garlasco o Pavia avrebbe dato dei risultati più provanti, lei ha risposto ’Si’”, ha riferito l’avvocato in trasmissione, evidenziando come questo passaggio, a suo avviso, contribuisca a ridimensionare la portata delle attuali conclusioni sulla compatibilità genetica. A partire da tale risposta si sviluppa una delle principali critiche della difesa alla narrazione del caso, legata al presunto collegamento genetico con Andrea Sempio e con la sua linea parentale. Il legale ha respinto l’idea che le risultanze possano essere interpretate come una conferma univoca del coinvolgimento familiare nel profilo genetico rilevato sulla scena. “E non è vero neanche che con quel risultato one shot si sia rivenuta una compatibilità con Sempio e la sua linea parentale”, ha ribadito Cataliotti, sostenendo che la lettura di alcune affermazioni come prova definitiva sarebbe in contrasto con quanto riportato integralmente nella perizia.
Nel suo intervento, il difensore ha inoltre richiamato una scala di valutazione della compatibilità genetica che, a suo dire, articolerebbe il giudizio su cinque diversi livelli. In questa prospettiva, il dato riferito ad Andrea Sempio non raggiungerebbe i gradini più alti della scala, ma si fermerebbe a una soglia intermedia che imporrebbe prudenza nelle conclusioni. Secondo quanto illustrato dall’avvocato, “Nel caso di Sempio si ferma solo al secondo punto”, circostanza che, se confermata, collocherebbe il risultato in una fascia non decisiva dal punto di vista probatorio. Per sostenere tale impostazione, Cataliotti ha fatto riferimento alle stesse parole della consulente: “Albani chiude la perizia dicendo che comunque non si potrebbe dire come, dove e quando sia stato lasciato quel materiale, e neanche se da contatto diretto o indiretto”. Per la difesa, questo passaggio evidenzia i limiti strutturali di qualunque ricostruzione che pretenda di attribuire un valore assoluto a quel frammento genetico.

Il confronto tra Cataliotti e Bolzan in diretta televisiva
Con il passare dei minuti, il dibattito in studio si è fatto via via più serrato. Il conduttore Francesco Vecchi ha cercato di mantenere un ordine nel confronto, dando la parola ai vari ospiti collegati per approfondire i diversi aspetti del caso Garlasco. Tra gli interventi si è inserita anche l’avvocata Flaminia Bolzan, che ha contribuito a delineare una prospettiva più ampia sul ruolo degli inquirenti e sulla gestione delle prove. Bolzan ha riconosciuto l’esistenza di alcuni elementi problematici nelle letture della perizia Albani, ma ha anche richiamato l’attenzione sul fatto che la valutazione finale delle risultanze tecniche spetta alla procura e all’autorità giudiziaria nel suo complesso. In questo senso, ha invitato a non considerare la discussione televisiva come sostitutiva delle attività svolte nelle aule di giustizia.
“È vero che la perizia dice che non è possibile stabilire se il dna sia sopra o sotto le unghie, però la procura sta effettivamente facendo il suo lavoro, e ritengo che attualmente la procura stia anche mantenendo un certo riserbo rispetto alla diffusione di determinati elementi”, ha affermato l’avvocata, sottolineando come la riservatezza investigativa resti un aspetto essenziale. Le parole di Bolzan hanno quindi spostato il focus dal solo dato tecnico alla cornice processuale più generale, ricordando che le decisioni sulla rilevanza delle prove e sul loro peso nel procedimento spettano, in ultima istanza, ai magistrati e ai giudici chiamati a pronunciarsi sul caso. La replica di Cataliotti non si è fatta attendere. Il difensore ha voluto ribadire che, in un sistema di diritto come quello italiano, l’interpretazione ultima delle norme e dell’utilizzo delle prove tecniche spetta alla Corte di Cassazione, chiamata a fissare i principi di diritto applicabili ai singoli casi. “Poi l’interpretazione la da la cassazione”, ha ricordato l’avvocato in diretta, richiamando il ruolo della giurisprudenza di legittimità nel definire il corretto inquadramento del DNA e delle consulenze tecniche all’interno di un procedimento penale. Il riferimento alla Cassazione si inserisce anche nel contesto della storia processuale del caso Garlasco, che ha già visto pronunce definitive nei confronti di Stasi.
Nel prosieguo del confronto, Bolzan ha precisato di non voler attaccare personalmente il collega, ma ha posto una domanda diretta sulla presenza, o meno, di un dato riconducibile alla linea patrilineare di Andrea Sempio. “C’è un dato che è riconducibile alla linea patrilineare di Sempio? Si”, ha affermato l’avvocata, facendo riferimento a quanto emergerebbe dalla consulenza genetica. La risposta di Cataliotti è stata immediata: “Non è detto”. Quando Bolzan ha insistito sostenendo che questo elemento risulterebbe dalla perizia, il difensore ha replicato con fermezza: “No, è scritto il contrario, basta leggerlo. Può trattarsi di un risultato sbagliato”. Il botta e risposta ha così messo in evidenza una vera e propria contrapposizione interpretativa su un medesimo documento tecnico.

Dal dato tecnico al caso mediatico: il video al ristorante
Nella parte conclusiva del segmento televisivo, l’attenzione si è spostata dal piano strettamente tecnico a quello dell’immagine pubblica e dei social network. Vecchi ha infatti mostrato un video diffuso online in cui si vede l’avvocato Cataliotti riprendere, in un contesto conviviale al ristorante, il pool difensivo di Sempio. Il filmato, pubblicato come contenuto social, ha suscitato numerose reazioni e critiche, soprattutto in relazione alla delicatezza del caso Garlasco.
Il video è stato interpretato da alcuni utenti e commentatori come poco opportuno, dato il contesto processuale e l’attenzione mediatica che circonda la figura di Andrea Sempio. Le immagini del gruppo di legali riuniti a cena sono state oggetto di commenti che hanno riguardato non solo il merito del procedimento, ma anche l’atteggiamento ritenuto da taluni in contrasto con la gravità dei fatti oggetto d’indagine. In trasmissione, Cataliotti ha respinto questa lettura, fornendo la propria versione dell’accaduto e spiegando la natura del contenuto condiviso. Ha precisato che non si trattava di un video strutturato o di una comunicazione promozionale, ma di una semplice storia social pubblicata in un momento di pausa lavorativa. “Partiamo dal presupposto che non si debba offendere, era solo una storia, non un real o un post”, ha spiegato il legale, ridimensionando la portata dell’episodio e sostenendo che la breve clip rappresentasse soltanto un frammento di vita quotidiana con i colleghi, senza alcuna intenzione di mancare di rispetto alla vicenda giudiziaria o alle persone coinvolte. Nel proseguimento del suo intervento, Cataliotti ha descritto il proprio rapporto con i social network, definendosi un utente abituale e spiegando che la condivisione di momenti personali rientra nella sua normale attività online. Il legale ha fornito ulteriori dettagli su quella serata, sottolineando come il ritrovo con gli altri membri del team difensivo fosse legato agli impegni professionali in corso.
“Io ho una vita social molto attiva. Era l’ultima occasione in cui ci saremmo visti in questi giorni noi, provenienti da quattro parti diverse d’Italia”, ha spiegato, evidenziando che l’incontro al ristorante aveva anche una valenza organizzativa e umana, trattandosi dell’unico momento disponibile per ritrovarsi di persona prima di ulteriori scadenze processuali. Rispetto alle polemiche suscitate dal video, l’avvocato ha parlato di una sorta di “tifo” contrapposto che circonderebbe la figura di Andrea Sempio e, di riflesso, il suo collegio difensivo. Secondo la sua ricostruzione, parte delle reazioni critiche sarebbe da ricondurre a schieramenti precostituiti all’interno del dibattito pubblico sul caso Garlasco. “Si è offesa la tifoseria avversaria contro Sempio”, ha dichiarato in studio, sostenendo che le accuse rivoltegli sui social non riguarderebbero tanto la natura del video in sé, quanto la posizione processuale del suo assistito e la forte esposizione mediatica della vicenda. Nella parte finale dell’intervento, il tono del legale si è fatto più fermo, soprattutto in relazione agli insulti e alle offese ricevute sui social dopo la circolazione del video. Cataliotti ha spiegato di ritenere che alcune espressioni abbiano superato i limiti della critica legittima, trasformandosi in veri e propri attacchi personali e diffamatori.
“È vergognoso che ci sia gente che insulti sui social perché io rappresento un momento di video privata ai miei amici”, ha affermato in diretta. Poi ha aggiunto un chiaro avvertimento nei confronti di chi, a suo giudizio, ha oltrepassato il limite: “Troveranno la giusta risposta in sede giudiziaria, chi vuole offendere offenda, ci vediamo in tribunale”.