Un segno che non scompare
Durante l’intervista, la madre ha ricordato anche i tratti distintivi del figlio, nella speranza che qualcuno possa riconoscerlo: “Oltre ai tanti tatuaggi, che ora potrebbero essere coperti, sul collo ha la cicatrice della tracheotomia. Dopo un incidente in moto, gli avevano praticato quella procedura per aiutarlo a respirare”.
Un dettaglio importante, che negli anni è stato rilanciato più volte dagli appelli della famiglia e delle associazioni che partecipano alle ricerche.

Le barriere della privacy e la frustrazione di una madre
Roberta Carassai ha anche denunciato le difficoltà incontrate in questi anni, in particolare quelle burocratiche. “Una volontaria è andata in un centro con dormitorio – ha raccontato –. Le hanno detto che per la legge sulla privacy non possono dire nulla, neanche se lo vedessero. Ma di che privacy parliamo?”.
Una domanda che racchiude l’impotenza di tanti genitori di persone scomparse, costretti a muoversi tra cavilli legali e silenzi istituzionali, pur di non rinunciare alla verità.
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L’ultimo appello in diretta
In diretta televisiva, Roberta si è lasciata andare a un appello pieno di dolore e amore: “Ho la certezza che Alessandro sia nella confusione assoluta. È andato via in un momento difficile, ma non è scappato da me. Forse è scappato da sé stesso”.
Parole che raccontano una storia di fragilità e speranza, di una madre che da cinque anni non smette di cercare suo figlio.
Il 4 dicembre 2020, Alessandro era uscito di casa con uno zainetto, pochi effetti personali e nessun biglietto d’addio. Il padre aveva provato a fermarlo, ma il ragazzo era riuscito a scappare. Da quel giorno, nessuno lo ha più visto.