
Carlo Conti rompe il silenzio dopo le polemiche sui nomi
Ebbene dopo tutte queste critiche oggi Conti a RTL 102.5 ha fatto spallucce, limitandosi a dire di non leggere i social:
“Io non leggo niente e non guardo niente…Ho il mio modo di vivere un po’ particolare, distaccato da tutti…Sono poco social io, ma da sempre…È una scelta mia e non ci posso fare niente, ascolto la radio…”
La replica di Conti parte da un concetto semplice ma non banale: lui vive Sanremo dalle frequenze, non dalle tendenze social. Perché le tendenze, per loro stessa natura, cambiano; le canzoni — almeno quelle scelte con ossessione curatoriale — restano. E infatti il suo intervento sulla selezione richiama un’immagine volutamente artigianale, quasi floreale, lontana dalle metriche muscolari dei milioni di follower ma orientata all’idea di intercettare un pubblico composito:
“È un bouquet di fiori, quindi devi cercare di farlo il più variegato possibile e cercando di accontentare tanti gusti, seguendo le tendenze del momento, i colori che funzionano…”
Un “bouquet” non ha un solo fiore dominante. È un insieme di contrasti che convivono: profumi radio-friendly, personalità visive da palco, mondi musicali che spesso fuori dall’Ariston si ignorano ma che dentro Sanremo possono finalmente parlarsi. Conti ammette implicitamente che la forza del festival non sta solo nel convocare star, ma nel amplificare identità. Anche quelle meno evidenti al primo sguardo.
E in questa scelta, secondo il conduttore, la critica preventiva rischia di essere miope: non vede i semi, pretende l’albero. Ma Sanremo, storicamente, ha spesso dimostrato di saper fare il contrario: piantare nomi per poi farli esplodere come casi nazionali.
questo cast di esclusi da sanremo >>>>> cast ufficiale #Sanremo2026 pic.twitter.com/uPyvvIJ6ID
— ✩ (@KTSYMEG) November 30, 2025
Carlo Conti Sanremo: la notte prima dei nomi
Il presentatore dell’ammiraglia Rai ha poi toccato il punto più umano della questione: la fatica mentale della selezione musicale. Quindici giorni di insonnia, scelte, ripensamenti e brani accantonati che tornano a bussare in testa come hook involontari, mentre il quadro complessivo prende forma:
“É difficilissimo, gli ultimi quindici giorni, lo racconto sempre, non ci dormo la sera perché la notte magari mi sveglio con una canzone che ho accantonato e invece mi ritorna in mente quindi ti viene il dubbio che sia un pezzo forte no?”
Un’affermazione, riportata da LaNostraTv, che contraddice la lettura cinica di un cast compilato su excel. Qui non c’è statistica, c’è subcoscienza musicale, istinto, pressione da direttore artistico che seleziona non nomi ma “canzoni che devono funzionare dal vivo, in radio, sul palco, nel racconto collettivo” — anche quando il collettivo, sulla rete, si mostra impaziente.
E infatti Conti ha quindi tenuto a dire di aver scelto le 30 canzoni in gara cercando in qualche modo di accontentare un po’ tutti:
“È un bouquet di fiori, quindi devi cercare di farlo il più variegato possibile e cercando di accontentare tanti gusti, seguendo le tendenze del momento, i colori che funzionano…”
La ripetizione non è un errore: è un’idea di composizione ribadita a viva voce, come un leitmotiv da conferenza stampa. Una bussola che privilegia la varietà come strategia culturale più che come tattica difensiva.

Lucio Corsi sconosciuto Sanremo: la scommessa che diventa caso
Per smontare l’accusa preventiva sulla debolezza nominale del cast, Carlo Conti ha messo sul tavolo la carta della scommessa che si è trasformata in successo. E l’ha chiamata per nome: Lucio Corsi. Sconosciuto ai più fino alla sua prima apparizione, accolto da un coro di perplessità che oggi, alla luce dei risultati, suona quasi come un prologo perfetto:
“Lo scorso anno faccio un nome per tutti, ovvero Lucio Corsi, che era praticamente sconosciuto ai più e guardate che cosa è riuscito a fare e come ha rappresentato anche l’Italia all’Eurovision…Eppure quando l’ho detto l’altro anno molti hanno detto ‘Chi è?’”
Corsi non solo ha fatto un figurone, ma ha dimostrato una verità che a Sanremo si ripete come un teorema popolare: il palco può creare casi prima delle classifiche. Più dei follower, valgono le canzoni che diventano racconto, sorpresa, immaginario, conversazione da radio e da bar.
Un dato non secondario — e volutamente riportato senza bisogno di iperboli aggiuntive — è che l’ultima edizione musicale “è stato sul solco dell’eredità lasciata da Amadeus, infatti si sono rivisti parecchi cantanti che già erano saliti sul palco gli anni precedenti”.
L’ultima parola all’Ariston: l’attesa per Sanremo 2026
Il palco dell’Ariston resta così il vero giudice: fino a quando le luci non illumineranno le note, fino a quando le orchestre non accompagneranno i primi accordi, tutte le polemiche rimangono aria compressa. Sanremo 2026 sarà un banco di prova per le scelte di Carlo Conti, un test su quanto il pubblico è disposto a lasciarsi sorprendere, a scoprire nuovi nomi, a rivalutare talenti che prima sembravano sconosciuti. E mentre le radio diffondono già i brani dei Big, e le classifiche iniziano a prendere forma, il festival ricorda ancora una volta che la vera partita non si gioca sul social del giorno, ma sulle note, sulle emozioni e sulle storie che ogni canzone saprà raccontare.