All’inizio della pandemia, a marzo 2020, la Russia promise all’Italia un aiuto concreto per gestire l’emergenza sanitaria. Vladimir Putin e l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, siglarono un accorso. Alcuni punti però non tornano. L’intenzione dei russi era veramente quella di dare una mano oppure l’obiettivo vero era quello dello spionaggio?
I dubbi sulla missione russa in Italia all’inizio della pandemia
Come riferisce Il Corriere della Sera, 230 militari russi sbarcarono in Italia, guidati dal generale Sergey Kikot per “prestare assistenza nella lotta contro l’infezione da coronavirus” nel marzo del 2020. Questo secondo un rapporto russo. Tuttavia le relazioni parlamentari hanno registrato soltanto 130 nominativi. Come mai? L’elenco fu allegato dall’ambasciata di Mosca al testo dell’accordo tra il presidente Vladimir Putin e allora capo del governo italiano Giuseppe Conte poi trasmesso alla Farnesina.
Un altro aspetto strano è rappresentato dal fatto che, nonostante la Russia avesse promesso del personale qualificato in ambito sanitario, la squadra che sbarcò nella Penisola era quasi interamente composta da soldati di cui soltanto una parte erano ufficiali medici. Di recente si è deciso di approfondire quello che successe due anni fa. I russi consegnarono soltanto “521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1.000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10.000 tamponi veloci e 100.000 tamponi normali”. L’esecutivo però autorizzò una spesa di oltre tre milioni di euro per il carburante degli aerei. Inoltre pagò vitto e all’alloggio a coloro che presero parte alla missione. Gli aiuti concreti furono molto meno di quanti ne avevano promessi. Nelle strutture sanitarie vi misero piede “un medico, due infermieri e un interprete” per “turni di otto ore coprendo le 24 ore”.
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Le indagini sulla missione russa in Italia
Finora, dalle mail e dagli atti depositati al Copasir (comitato di controllo sull’attività dei servizi segreti), è emerso che i militari russi fecero tappa nell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo e in decine di Rsa, per poi spostarsi all’ospedale Covid allestito presso la fiera di Bergamo. Nei prossimi giorni il Copasir interrogherà l’ex capo di Stato Maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli e il generale Luciano Portolano (all’epoca dei fatti comandante del Coi, il Comando operativo interforze). I partiti intanto chiedono che l’ex premier Conte, insieme al direttore dell’epoca del Dis Gennaro Vecchione, torni al Copasir per fornire ulteriori dettagli su quel che avvenne.