Svolta nel caso Roberta Ragusa. Ieri sera, infatti, nella puntata andata in onda venerdì 3 dicembre su Rete4 a Quarto Grado, si è tornato a parlare della vicenda che ha tenuto banco per anni nelle cronache italiane.
Dobbiamo fare un tuffo nel passato, in particolare nella notte tra il 12 e 13 gennaio 2012 per risalire alla scomparsa di Ragusa in pigiama e pantofole.
L’attenzione degli inquirenti si focalizzò da subito sul marito, Antonio Logli, che però ha sempre sostenuto che la moglie si fosse allontanata volontariamente. Logli venne iscritto nel registro degli indagati il 2 marzo 2012, a due mesi dalla la scomparsa della moglie, il pm dottor Aldo Mantovani, gli contestò il reato di omicidio volontario e di occultamento di cadavere.
Stando agli inquirenti, infatti, Roberta Ragusa venne uccisa al termine di un litigio quando, sentendo una telefonata del marito in soffitta, si rese conto che Logli aveva un’amante, Sara Calzolaio, tata dei figli e segretaria di famiglia, di 20 anni più piccola. Stando alle ricostruzioni, Ragusa uscì di casa, venne raggiunta dal marito in una via vicina, uccisa e il cadavere occultato, mentre il giorno dopo veniva denunciata la scomparsa.
Nel 2016 la prima condanna, in primo grado, a 20 anni. In seguito l’appello a Firenze, con la conferma, e la Cassazione. Logli, a seguito della condanna definitiva, finì in carcere. Il corpo di Roberta Ragusa non è stato mai trovato.
Oggi, un articolo de Il Giornale ritorna sul caso e in particolare sull’sms recapitato al telefono della cugina della donna, Sonia, il 26 novembre 2021. Il numero era sconosciuto, ma il messaggio era chiarissimo, a lettere maiuscole, con scritto: “AIUTO”. Il messaggio arrivò anche al marito di Giovanna. Le due sorelle pensavano che il messaggio arrivasse da una lontana zia che era rinchiusa in una struttura sanitaria, ma dopo una visita da lei scoprirono che non aveva cellulari. I carabinieri scoprirono in seguito che il numero era intestato a Logli ed era stata attivata quel giorno da qualcuno che era in possesso dei documenti dell’uomo. Ma la domanda è chiara: chi ha inviato quel messaggio?
Logli verso la revisione del processo?
La difesa di Logli è determinata nella richiesta di revisione del processo. Sono ben 8 le pagine di appunti da lui compilate. Nel corso della trasmissione di “Quarto grado”, sono stati mostrati i suoi appunti: “Se il primo ricordo è diverso dal successivo, la testimonianza non ha alcun valore probatorio”, ha scritto Logli. Il riferimento, in particolare, è sul supertestimone del caso Ragusa, Loris Gozi.
Un detenuto attacca Gozi
Logli può contare sull’appoggio di un detenuto che si mostra determinato contro la testimonianza di Gozi. Questo detenuto è stato in carcere con entrambi e dice che Gozi gli avrebbe raccontato di aver mentito per avere degli sconti di pena.
Questa la testimonianza riportata da ilgiornale.it: “Vedendo Gozi triste e preoccupato gli chiesi il motivo. […] Gozi mi disse che era preoccupato e aveva paura della Procura di Pisa – ha raccontato l’uomo – perché aveva testimoniato il falso nel caso Ragusa. Preciso che Gozi si confidò con me dopo diverse volte che ci eravamo incontrati e avevamo più confidenza. […] Gozi mi disse che aveva detto di aver visto Logli la notte della scomparsa della Ragusa fermo in auto davanti al passaggio a livello vicino a casa sua, ma questo non era vero. Gozi disse di non aver visto Logli in quella occasione. […] Quando chiesi a Gozi perché aveva detto il falso, lui mi rispose che era manovrato dalla Procura di Pisa e che se avesse detto quello che loro volevano sarebbe potuto uscire di carcere. Non mi ricordo se mi disse proprio dal carcere o da altre misure restrittive”.
L’ex detenuto ha dichiarato di non averne parlato inizialmente perché temeva di essere giudicato “infame” dagli altri detenuti. Successivamente, dopo il trasferimento in un altro carcere, vedendo la disperazione di Logli si sarebbe deciso a vuotare il sacco.