Le scuse ufficiali in diretta
Il giorno successivo, Buonamici ha deciso di aprire il Tg5 affrontando direttamente la questione. Con tono fermo e sincero, ha dichiarato:
“Riguardo un episodio di disabilità ho usato, sbagliando, una parola che non si usa più. Mi dispiace e mi scuso”.
Le sue parole hanno rappresentato un atto di correttezza professionale, segnalando la volontà di assumersi la piena responsabilità di fronte al pubblico. L’episodio ha contribuito ad aprire una discussione più ampia sull’importanza della sensibilità linguistica in televisione.
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Perché le parole contano: il valore del linguaggio inclusivo
Il termine “handicappato” è oggi ritenuto discriminatorio perché riduce la persona alla sua condizione fisica, favorendo stereotipi e divisioni sociali. Al contrario, espressioni come “persona con disabilità” sono riconosciute a livello internazionale, anche dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, come più rispettose e inclusive.
Questa scelta lessicale non è solo una questione formale: serve a spostare l’attenzione dall’etichetta alla persona, sottolineando che le vere barriere derivano dalla società e non dalla disabilità stessa.