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La nuova routine dopo il ricovero: le cure palliative
Le giornate nella clinica sono pesanti, quasi «una piccola Guantanamo, come la chiamo scherzando: tre cicli di terapie, dalle 7 del mattino alle 7 di sera. Poi il silenzio. Mi ha fatto compagnia Sanremo e ringrazio Bianca Balti per avermi ricordata. Le auguro di guarire presto, fa male vedere una donna giovane soffrire».
L’altro conforto viene invece dalla famiglia, che le sta vicino dandole tutto il calore possibile e anche dai fan che non hanno mai smesso di supportarla. «Ho il cuore pieno dell’affetto della famiglia e del pubblico. I miei figli, durante le flebo, mi hanno stretto la mano per 14 ore di fila». E ancora: «gli infermieri mi dicono non è scontato. Mi raccontano di quarantenni spaventati davanti ai genitori gravemente malati» ha spiegato al Corriere invitando i lettori a non lasciare solo chi soffre.
Come in ogni occasione in cui ha parlato della malattia, Eleonora Giorgi si è rivelata un esempio di sensibilità, coraggio e grande dignità. Purtroppo, però, la situazione clinica è più cupa di quanto si sperava. «Non riesco a fare più di dieci passi. – ha spiegato – Sto facendo la terapia del dolore, morfina e cortisone. Ho un’ampolla al collo e l’ossigeno: mi tengono in vita non perché ci sia futuro, ma perché tutto succeda il più tardi possibile. Ogni giorno è un regalo».