Crostacei e pratiche diffuse durante le feste
Secondo le associazioni promotrici, dietro l’immagine rassicurante delle pescherie si nasconde una realtà problematica. Molti crostacei vengono mantenuti vivi fino alla vendita, immobilizzati e adagiati su superfici ghiacciate o conservati in acqua a temperature molto basse. Una condizione che, alla luce delle ricerche più recenti, provocherebbe sofferenze fisiche e uno stato di stress prolungato.
La campagna chiede un cambio di paradigma chiaro e concreto. Tra le richieste principali figurano il divieto di vendita dei crostacei vivi, l’eliminazione della conservazione su ghiaccio o in acqua fredda e l’abolizione della bollitura da vivi, inclusa la pratica dell’aumento graduale della temperatura, ritenuta particolarmente lesiva. L’obiettivo dichiarato non è demonizzare il consumo, ma ridurre o eliminare sofferenze evitabili, soprattutto in un periodo dell’anno in cui aragoste, astici, granchi e gamberi diventano protagonisti delle tavole italiane.
Crostacei e riconoscimento scientifico del dolore
Il cuore dell’iniziativa poggia su un corpus di studi scientifici sempre più solido. Le ricerche indicano che i crostacei decapodi possiedono sistemi nervosi complessi e sono in grado di percepire il dolore. È su queste basi che la petizione online collegata alla campagna ha già raccolto migliaia di adesioni, coinvolgendo numerose associazioni impegnate nella tutela degli animali.
Il traguardo è ottenere un riconoscimento formale dei crostacei come esseri senzienti e l’introduzione di regole specifiche che disciplinino tutte le fasi della filiera, dalla cattura allo stoccaggio fino all’uccisione. Le organizzazioni attendono una risposta dal Ministero della Salute, ma chiamano in causa anche la grande distribuzione, che potrebbe adottare autonomamente standard più rispettosi.
A sostegno delle richieste vengono citati precedenti internazionali significativi. Nel Regno Unito, dal 2022, i crostacei decapodi sono riconosciuti come esseri senzienti. In Svizzera, Austria e Norvegia esistono già normative che regolano in modo più rigoroso il loro trattamento. Secondo la coalizione, un intervento normativo italiano potrebbe rappresentare un passo decisivo, capace di innescare un cambiamento più ampio anche a livello europeo.