I dubbi sollevati
I cinque episodi della docuserie prodotta da Netflix hanno risollevato la questione attorno al caso Yara. La giovane scomparve nel novembre 2010 e fu ritrovata morta il 26 febbraio 2011. Per la sua morte è stato condannato Massimo Bossetti, muratore di Malpello. Il caso, però, è sempre stato avvolto nel giallo. La docuserie ha sollevato di nuovo i dubbi in merito alle indagini. Molte persone sui social si chiedono perchè l’allenatrice di Yara e il custode della palestra non siano mai stati indagati, perchè i cani molecolari abbiano sbagliato strada e perchè il test del Dna invocato dalla difesa non è mai stato eseguito. Fiorenza Sarzanini, cronista del Corriere della Sera, ha cercato di chiarire ogni tipo di dubbio in merito. (Continua…)
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Le dichiarazioni di Fiorenza Sarzanini
Fiorenza Sarzanini, cronista del Corriere della Sera, è intervenuta ai microfoni di Vanity Fair per chiarire ogni dubbio in merito al caso Yara. In merito al custode della palestra e all’insegnante di Yara, la cronista ha dichiarato: “È stato uno dei primi controllati, come tutti quelli che erano in palestra, ma si è ritenuto avesse un alibi credibile. Circa il Dna della Brena dobbiamo accordarci: o valgono le tracce o non valgono. Perché se le trovano sugli slip e i leggins della ragazzina non sono validi, ma se li trovano sul polsino sono validissimi? Poniamo che valgano entrambi: quello di un’allenatrice che ti frequenta ogni giorno, su una giacca, è molto più spiegabile di una macchia sulla biancheria intima di un uomo che non frequenti, non crede?“.
La Sarzanini ha poi risposto anche al dubbio in merito ai cani molecolari e al test del Dna richiesto dalla difesa: “Con i cani molecolari si fa un tentativo, ma hanno sbagliato: nel cantiere, che è stato ribaltato, non si è mai trovato nulla. Io credo che in un Paese civile sia giusto che tu possa accedere alla prova del Dna e tu abbia la sacrosanta facoltà di rifarla, soprattutto se è la prova che ti inchioda. Questo è indubbio“.