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“Addio per sempre”. Cultura italiana in lutto, se ne va un vero mito!

Gli anni de “La Stampa” e il successo nazionale

Nel 1982 iniziò la collaborazione con La Stampa, grazie all’interessamento dell’avvocato Gianni Agnelli, che gli garantì piena libertà creativa. Solo una volta l’“Avvocato” lo chiamò per protestare, dopo una vignetta giudicata troppo critica verso Israele: “Fovattini, pev piaceve, lei capisce che le banche, la Fiat… cerchiamo di non toccare questi argomenti delicati”, gli disse con ironia.

Con La Stampa, Forattini consolidò il suo ruolo di maestro della satira politica. I suoi disegni, pubblicati anche in volumi di grande successo, colpirono tutti i protagonisti della scena italiana, senza distinzione di partito.

Craxi, D’Alema e le querele illustri

Nel corso della carriera, Forattini subì numerose querele, soprattutto da esponenti di sinistra.
Celebre fu quella di Bettino Craxi, raffigurato mentre leggeva La Repubblica e diceva: “Quanto mi piace questo giornale quando c’è Portfolio!”. Il tribunale lo condannò per diffamazione, ma il vignettista continuò a rappresentare Craxi vestito da Mussolini.

Le sue caricature divennero iconiche: Spadolini nudo, D’Alema in versione “Hitler comunista”, Amato come Topolino, Berlusconi piccolo di statura, Veltroni bruco, Dini rospo, Prodi prete cattocomunista e Di Pietro nei panni del duce.

Persino Pertini lo chiamò per lamentarsi del Craxi “troppo fascista”: “Ma lo faccio come Mussolini socialista”, rispose Forattini, disarmandolo. Solo Andreotti non protestò mai, anzi commentò: “A me mi ha inventato Forattini”.

Nel 1999 si chiuse la lunga collaborazione con La Repubblica dopo una querela di Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio, per una vignetta sulla lista Mitrokhin. “A differenza di Scalfari, che mi difendeva anche arrabbiandosi, Ezio Mauro stette zitto. Così me ne andai io”, spiegò.

Fino all’ultimo, Giorgio Forattini è rimasto un simbolo della libertà di satira, capace di colpire con la matita dove le parole non arrivavano.

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