Le accuse al governo e il grido di rabbia
Ma il danno non è solo materiale: la chef ha rivolto parole dure al governo e ai decisori pubblici. “Bisogna decidere cosa è più importante: la sicurezza dei cittadini o grandi opere come il ponte sullo Stretto di Messina?”, ha scritto, scaldando il discorso su priorità nazionali. Con chiarezza e rabbia, ha denunciato che i suoi tentativi, da privata cittadina, di mettere in sicurezza il ristorante con investimenti propri non sono bastati. “Abbiamo investito decine di migliaia di euro solo quest’anno per la sicurezza – ha detto – ma se non c’è un piano strutturale pubblico, i nostri sforzi sono fragili.”
Per Klugmann, l’alluvione non è solo un evento isolato ma il sintomo di un problema più profondo: la mancanza di investimenti reali per la prevenzione del dissesto idrogeologico. Una battaglia che va al di là del mestiere di chef; è una protesta civile, un appello perché chi governa si assuma la responsabilità di proteggere il territorio.

Solidarietà, paura e una comunità ferita
Nonostante la devastazione, il pensiero della chef è subito andato agli altri: la stessa ondata di maltempo ha colpito duramente zone vicine, come Brazzano di Cormons, dove si registra la scomparsa di due persone travolte da frane. Klugmann ha espresso vicinanza alle famiglie dei dispersi e a oltre trecento persone evacuate.
Il suo ristorante, che da sempre è un simbolo di identità territoriale, si trova ora a fare i conti con la fragilità della bellezza: “Questa terra è la nostra identità. Senza una visione strutturale, rischiamo di vederla sommergere sempre più spesso”, ha dichiarato, quasi con un filo di voce spezzato.
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Questa non è la prima volta che L’Argine a Vencò subisce danni a causa del maltempo. Secondo i suoi racconti, è almeno la seconda alluvione in un anno e mezzo.  Gli ultimi restauri, tantissimo lavoro, risorse, ma il problema di fondo resta: il territorio è vulnerabile.
Ora la chef chiede più di aiuti temporanei. Vuole un piano serio, sistemi di prevenzione efficaci, fondi pubblici che diano respiro non solo al suo ristorante, ma a tutti i residenti di queste aree fragili. Non è una richiesta di carità: è un invito a riflettere su quanto costa davvero la bellezza di alcuni angoli d’Italia quando il cambiamento climatico e la negligenza si sommano.