Un piano spietato e studiato nei dettagli
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’omicidio è avvenuto il 25 luglio, alla vigilia della presunta partenza per la Colombia. Le due donne avrebbero dapprima tentato di narcotizzarlo con un farmaco sciolto nella limonata, ma l’effetto non sarebbe stato sufficiente. A quel punto, Lorena, infermiera di professione, avrebbe iniettato una dose massiccia di insulina al figlio, già stordito. Poi il soffocamento: prima a mani nude, poi con dei lacci da scarpe utilizzati per strangolarlo. Una volta morto, il corpo è stato fatto a pezzi, diviso in tre parti, e nascosto in un bidone, ricoperto di calce viva, acquistata online nei giorni precedenti. Un dettaglio che fa pensare a una pianificazione meticolosa, e non certo a un gesto d’impulso.

La madre resta in carcere, scarcerata la compagna
Dopo l’interrogatorio, il Gip ha convalidato l’arresto e la detenzione in carcere per Lorena Venier, che resterà rinchiusa nel penitenziario di Trieste. Diversa invece la sorte della compagna, Mailyn Castro Monsalvo, per la quale è stata disposta la scarcerazione con affidamento a una struttura protetta a Venezia. Pur avendo convalidato l’arresto, il giudice ha accolto l’istanza della difesa che invocava la norma, entrata in vigore nell’aprile scorso, sulla custodia attenuata per le madri con figli di età inferiore a un anno. La donna, madre della bambina avuta da Venier, potrà dunque continuare ad occuparsi della figlia in una struttura idonea.
Una storia che lascia attoniti, non solo per la violenza con cui si è consumata, ma per il paradosso tragico in cui si sono intrecciati rancori familiari, amore malato e un disperato desiderio di fuga. Un epilogo che ha portato alla morte di un uomo e al crollo definitivo di un’intera famiglia.