I sintomi dell’epatite A
A differenza delle comuni tossi-infezioni alimentari che colpiscono nel giro di poche ore, l’epatite A gioca d’astuzia con un’incubazione molto più lenta, mediamente tra le 2 e le 6 settimane. Questo significa che i sintomi potrebbero presentarsi quando ormai il ricordo del cenone di Vigilia è lontano. I segnali sono spesso aspecifici: febbre, stanchezza, nausea e dolori addominali, del tutto simili a un’influenza.
Tuttavia, nei casi più evidenti, compaiono segni inequivocabili come l’ittero (colorazione gialla di pelle e occhi), urine scure e feci chiare. Sebbene la maggior parte dei casi si risolva in pochi giorni, la dottoressa Invernizzi avverte che esiste una percentuale, seppur bassissima, di casi gravi o fulminanti che possono richiedere il trapianto di fegato, specialmente in soggetti anziani o già affetti da altre patologie. Ma la vera domanda è: esiste un modo per godersi il pesce crudo senza questa spada di Damocle sulla testa?
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Vaccino e prevenzione come blindare la propria salute
La buona notizia è che la medicina ci offre uno strumento potentissimo: un vaccino estremamente sicuro ed efficace, capace di garantire una protezione per circa 20 anni. Questa soluzione è caldamente consigliata a chi frequenta spesso ristoranti, ai grandi viaggiatori e, naturalmente, agli amanti sfegatati di ostriche e crudité. Chi ha già contratto l’infezione, invece, sviluppa una sorta di autovaccinazione naturale.
Oltre alla profilassi, la prevenzione passa per la consapevolezza a tavola: scegliere solo locali certificati che praticano l’abbattimento, leggere le etichette e, nel dubbio, preferire sempre la cottura. In caso di infezione accertata tra le mura domestiche, la parola d’ordine è isolamento igienico: disinfettare i servizi igienici, non condividere posate o bicchieri e lavare ossessivamente le mani. La dottoressa Invernizzi è stata categorica su questo punto: la gestione della quotidianità è fondamentale per non trasformare un momento di festa in un focolaio familiare.