Annarella simbolo dell’innocenza violata
La sua scomparsa mobilitò l’intero quartiere e, dopo giorni di ricerche, il suo corpo senza vita fu rinvenuto in un pozzo di via La Nebbia. Era nuda dalla vita in giù e mostrava evidenti segni di violenza: la scena lasciò la comunità sotto shock. L’impatto della tragedia fu enorme: oltre duecentomila persone parteciparono al funerale della bambina. La richiesta di giustizia divenne pressante e l’attenzione mediatica crebbe rapidamente, trasformando Annarella nel simbolo dell’innocenza violata.

Le indagini e il processo: un mistero mai realmente chiarito
Le indagini si concentrarono subito su Lionello Egidi, che inizialmente confessò: «Mi hanno picchiato, mi hanno costretto a dire che ero stato io». Successivamente ritrattò, denunciando pressioni e violenze subite durante gli interrogatori. Egidi venne assolto in un primo processo, poi condannato in appello e infine nuovamente liberato per insufficienza di prove. Il caso si perse tra perizie, testimonianze discordanti e voci di quartiere, senza che venisse mai individuato un colpevole certo. La figura di Annarella divenne per i giornali “la povera Annarella”, incarnazione della purezza strappata alla vita troppo presto. Eppure, dietro questo nome, c’era una bambina reale, con sogni, rabbia e la speranza in un futuro diverso. La sua morte avvenne pochi mesi prima del suo tredicesimo compleanno, lasciando una domanda senza risposta che continua a risuonare a distanza di decenni: chi fu davvero il responsabile di tanto orrore?