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Baba Vanga, profezia inquietante per il 2026: cosa succederà

Baba Vanga, profezie di popoli in fuga e natura estrema

Tra le profezie di Baba Vanga più citate, e riportate da Leggo, ce n’è una che parla di “terre che si svuotano e popoli in fuga”. Un’immagine che colpisce per la sua forza evocativa e che molti collegano a conflitti armati prolungati, crisi geopolitiche estese e a un’Europa descritta come sempre più fragile. Secondo queste interpretazioni, il 2026 segnerebbe una fase di transizione carica di tensioni, più che l’inizio di una nuova stabilità.

Accanto allo scenario umano, emerge quello naturale. Alcune ricostruzioni attribuiscono alla veggente visioni di una natura sempre meno controllabile: fenomeni climatici violenti, eventi improvvisi e distruttivi, territori resi inabitabili. Oggi queste parole vengono facilmente associate a alluvioni, siccità estreme e a un clima sempre più imprevedibile. Il dubbio resta aperto: coincidenza o visione? La risposta cambia a seconda dello sguardo di chi legge, ma il senso di inquietudine resta intatto.

Baba Vanga e il “nuovo ordine” tra tecnologia e mistero

Una delle visioni più discusse riguarda il presunto cambiamento dell’ordine mondiale. Baba Vanga avrebbe previsto il declino di alcune potenze storiche, l’ascesa di nuovi protagonisti globali e un mondo meno stabile, più difficile da interpretare. In questa prospettiva, il 2026 diventerebbe uno spartiacque simbolico, l’anno in cui le dinamiche globali iniziano a mutare in modo irreversibile.

A questo scenario si aggiunge il tema della tecnologia. Pur non parlando di intelligenza artificiale come la intendiamo oggi, alcune frasi vengono rilette come riferimenti a macchine sempre più simili all’uomo, a un progresso troppo rapido e a una possibile perdita di controllo. Interpretazioni moderne che si sovrappongono a parole antiche, alimentando un racconto che continua ad adattarsi al presente.

Baba Vanga non ha lasciato nulla di scritto di suo pugno, nessun documento ufficiale. Le profezie sono state ricostruite dopo la sua morte, avvenuta nel 1996, attraverso racconti e testimonianze successive. Eppure il racconto resiste, si adatta, inquieta. Forse perché parla meno del futuro e molto di più delle paure di oggi.

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