
Meccanismi illeciti nei trasporti sanitari e complicità interne
L’inchiesta, riporta ancora Libero, avrebbe rivelato un sistema in cui informazioni riservate sui pazienti venivano trasmesse a soggetti esterni per favorire società vicine ai clan. Il passaggio di dati su dimissioni e decessi attivava interventi di ambulanze riconducibili ad ambienti criminali. Tariffe e favori venivano gestiti in modo occulto, mentre parte del personale ospedaliero era sottoposta a pressioni e intimidazioni.
Il “codice nero” e l’influenza della cosca nei reparti
Le intercettazioni avrebbero documentato l’utilizzo di linguaggi cifrati tra operatori e affiliati. Il cosiddetto “codice nero” indicava i casi di pazienti deceduti da trasferire, spesso con la collaborazione di medici disposti a firmare certificazioni irregolari. Il collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano ha dichiarato: “È minato, lì non si hanno mai problemi perché i medici sono con i D’Alessandro”.

Gestione del servizio ambulanze e presenze influenti
Rapicano ha inoltre indicato Antonio Rossetti, noto come ‘o guappone, come referente principale per il servizio ambulanze. “A gestire il servizio ambulanze è Antonio Rossetti, ’o guappone. Le attività delle ambulanze trovano pieno appoggio dal personale dell’ospedale San Leonardo dove lavora anche Francesco Iovino, che ha una forte influenza in quella struttura”. Ha inoltre aggiunto: “Su ogni piano del San Leonardo, Rossetti ha un referente […] Nessuno può mettere piede nell’ospedale, dal momento che Rossetti è il referente esclusivo”.
Precedenti e continuità nel sistema criminale degli appalti sanitari
Già nel 2021, un’indagine aveva fatto emergere schemi simili, allora legati alla società “Croce Verde”, anch’essa in rapporti con la criminalità organizzata. Successivamente, la gestione è passata a “New Life”, dimostrando la continuità e l’adattabilità di questi modelli illeciti nel tempo. L’attività criminale ha così trovato nuove modalità di infiltrazione negli appalti pubblici, mantenendo saldo il controllo sui servizi ospedalieri.
Ospedali napoletani sotto osservazione: il caso San Giovanni Bosco
L’infiltrazione dei clan nella sanità napoletana non riguarda solo Castellammare. Nel 2019, l’ospedale San Giovanni Bosco era stato definito dalla Dda come “la sede sociale dell’Alleanza di Secondigliano”. Le indagini hanno documentato il controllo esercitato dai clan sulle assunzioni, sulla gestione degli appalti e sulle attività sindacali. In particolare, “La struttura era diventata la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione di certificati medici falsi”.
Arresti e nuovi scenari nel 2024: il ruolo del cartello Cimmino-Caiazzo
L’anno 2024 ha visto un ulteriore allargamento delle indagini, con quaranta arresti per irregolarità nella gestione degli appalti in diversi ospedali del capoluogo campano. In questa fase, il controllo era esercitato dal cartello Cimmino-Caiazzo, attivo nella zona del Vomero. Dipendenti di società addette a pulizie, manutenzioni e servizi logistici collaboravano con i clan, fornendo informazioni riservate o raccogliendo tangenti, confermando la presenza di “picciotti in corsia” sotto mentite spoglie di personale tecnico-specializzato.
La criminalità organizzata e il controllo della sanità
Nonostante le dichiarazioni istituzionali sulla qualità della sanità in Campania, le inchieste confermano una gestione spesso condizionata da logiche criminali. Come riportato da Liberoquotidiano, “Si firma, si timbra, si dimette e si trasporta su ordine dei padrini. La “confraternita dei malavitosi” non ha più bisogno della violenza per prendersi il territorio. Oggi basta un badge. A Napoli il boss si è messo il camice bianco. E si fa chiamare pure dottore”.