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Carlo morto in mare a soli 6 anni, l’allarme dell’esperto: “Non fate questo errore”

Carlo morto in mare a soli 6 anni, l’allarme dell’esperto: “Non fate questo errore” – La tragica scomparsa di Carlo Panizzo, bambino di soli 6 anni inghiottito dal mare a Cavallino-Treporti, ha riacceso l’attenzione sui rischi spesso sottovalutati delle acque dell’Adriatico. Lunedì 11 agosto, il piccolo è sfuggito al controllo della madre e, in pochi attimi, si sono perse le sue tracce. Il suo corpo è stato ritrovato il mattino successivo, a conferma di quanto possa essere insidioso un ambiente che molti considerano sicuro.

Carlo morto in mare a soli 6 anni, l’allarme dell’esperto: “Non fate questo errore”

Dino Basso, direttore della Società nazionale di salvamento (Sns) di Mestre, ha messo in guardia: “Il mare più sicuro è il più infido”. L’esperto, intervistato da Il Gazzettino, ha illustrato le procedure di soccorso e i comportamenti corretti da adottare, sottolineando che la convinzione diffusa sulla sicurezza delle spiagge adriatiche può essere profondamente errata. Ogni anno, oltre 30 minori si smarriscono sulle spiagge italiane, soprattutto durante i periodi di maggiore affluenza turistica. Le operazioni di soccorso partono immediatamente non appena viene segnalata una scomparsa: “Il bagnante si rivolge alla torretta, e parte il passaparola via radio tra i colleghi”, spiega Basso. Se dopo mezz’ora la persona non viene trovata, vengono coinvolte forze dell’ordine, Guardia costiera e, se necessario, sommozzatori dei Vigili del fuoco.

La gestione delle emergenze in mare richiede coordinamento e rapidità. La difficoltà aumenta nei momenti di grande congestione, quando i bagnini si trovano a monitorare vaste aree, spesso affollate da centinaia di persone. Questo rende ancora più fondamentale la collaborazione tra personale specializzato e bagnanti.

I pericoli nascosti dell’Adriatico e le zone a rischio

Il mare Adriatico, nonostante le sue acque calme e la bassa profondità in molte zone, può rivelarsi estremamente pericoloso. “La visibilità è bassissima, spesso inferiore a un metro”, ha raccontato Basso, e la presenza di onde e correnti può rendere quasi impossibile distinguere una persona in difficoltà. Questo aspetto rallenta le ricerche e diminuisce drasticamente le possibilità di un salvataggio tempestivo. Un elemento critico sono i cosiddetti pennelli, strutture in cemento o pietra progettate per rallentare l’erosione costiera. “Ma lì la profondità può raggiungere anche i 4 metri, e la corrente litoranea tende a trasportare ogni oggetto o corpo verso sud, fino a schiantarlo contro il pennello”, avverte l’esperto. Nonostante la balneazione sia vietata e segnalata in queste aree, molti turisti ignorano il divieto esponendosi a rischi gravissimi.

L’annegamento, secondo gli esperti, avviene spesso in modo silenzioso e rapidissimo. “Un bambino può affondare in 20 secondi. Non ha la forza di urlare, e appena apre la bocca, l’acqua entra nei polmoni. Il tempo utile per salvare un bambino si aggira attorno ai tre-quattro minuti”, ha chiarito Basso. Questa dinamica rende fondamentale la sorveglianza attiva da parte dei genitori, che devono mantenere sempre il contatto visivo con i figli, sia in acqua che sulla sabbia. Le correnti, le buche improvvise e gli ostacoli sommersi rappresentano ulteriori pericoli. “Il nostro mare sembra tranquillo, ma basta non sapere nuotare per finire a largo e perdere il controllo. Anche a pochi metri dalla riva, si può essere travolti da buche improvvise, forti risacche o ostacoli nascosti sotto la sabbia”, ha aggiunto Basso, sottolineando la necessità di una vigilanza continua.

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