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“Come finisce il caso”: Garlasco, il ministro gela gli Italiani

Quando i processi diventano infiniti

Ma oltre al caso Garlasco, c’è un tema più ampio che Nordio ha voluto portare alla luce: la lentezza esasperante della giustizia italiana. Un male endemico che non si risolve solo con più risorse o con nuove leggi. «A volte la giustizia è lenta anche perché non ci si vuole arrendere all’evidenza», ha detto con una punta di rassegnazione. E in effetti il caso di Chiara Poggi sembra incarnare proprio questa ossessione tutta italiana per il “colpo di scena finale”, per il colpevole che forse non è, per l’assoluzione che forse arriverà. E così si continua a scavare, a indagare, a cercare. Anche quando il tempo, che dovrebbe portare chiarezza, sembra invece alimentare solo confusione.

Il bisogno umano di certezze

Forse è proprio questo il nodo più profondo: l’incapacità di accettare l’ambiguità, l’ansia collettiva di dare un senso a una tragedia che un senso, forse, non lo avrà mai. Il bisogno di certezze si scontra con l’impossibilità di raggiungerle, e in mezzo restano vite sospese: quella della famiglia Poggi, quella di Stasi, quella dei tanti che hanno seguito la vicenda con partecipazione e dolore. «È un’indagine lunga, costosissima e dolorosa», ha concluso Nordio, quasi a voler chiedere scusa a nome di un sistema che troppo spesso chiede tempo senza restituire risposte. E così, a 18 anni di distanza, la vicenda di Garlasco continua a essere una storia aperta. Non solo nei tribunali, ma nelle coscienze.

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