Sono passati 28 anni dalla misteriosa scomparsa di Angela Celentano la bimba, che oggi avrebbe 31 anni, svanita nel nulla il 10 agosto del 1996, sul Monte Faito mentre era con la sua famiglia. Per quel caso, rimasto irrisolto, ora la procura chiede la proroga delle indagini per altri 180 giorni a causa della mancanza di risposte da parte della Turchia.
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La proroga
La giudice Federica Colucci ha concesso una proroga di altri 180 giorni per continuare le ricerche su quella che è stata definita come “la pista turca”, ovvero un’indagine portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea a partire dal 2009. Nonostante i ripetuti solleciti del pubblico ministero al Ministero della Giustizia, le autorità turche non hanno fornito alcuna informazione utile sulla rogatoria internazionale richiesta. (continua dopo la foto)
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La Pista Turca
La pista turca nasce dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli nel 2009. Tutto parte dalla denuncia di una cittadina italiana, Vincenza Trentinella, che indicava il piccolissimo isolotto turco di Buyukada come il luogo dove si trova oggi Angela, che vivrebbe con un uomo che crede sia suo padre. Trentinella non ha legami con la famiglia Celentano, ma racconta da anni che furono le confidenze di un prete (don Augusto) a metterla sulle tracce della bambina. Il prelato – dice lei – aveva saputo tutto da una donna nel confessionale e le aveva rivelato i dettagli poco prima di morire, “perché non posso tenermi questo peso sulla coscienza“. “Così, dopo la sua morte, andai in Turchia a verificare quella storia – racconta Trentinella – ed ebbi la certezza che era tutto vero: quell’uomo esiste, io l’ho incontrato con un pretesto, ha una cicatrice sul collo. E Angela vive con lui“.
Il tutto, inclusa una fotografia della presunta Angela e il nome di quell’uomo (Fafhi Bey), con le indicazioni sul luogo in cui vive e le testimonianze di alcuni conoscenti, finirono in un fascicolo d’inchiesta della magistratura italiana. All’epoca furono anche mandati investigatori dall’Italia per interrogare il sospettato, ma infine, arrivò la richiesta di archiviazione. Colucci però insiste: anche perché non si sarebbe fatto un buon lavoro. Sul posto sarebbe stata interrogata la persona sbagliata. Un’altra, che utilizza l’utenza telefonica di Fafhi Bey e che non aveva le cicatrici sul collo indicate da Trentinella. Per questo finora la gip ha negato l’archiviazione e chiesto nuovi approfondimenti. Ma, sottolineano le carte, Ankara non collabora: “Allo stato nulla è pervenuto dalla Turchia né il ministero della Giustizia risponde sulla tempistica della rogatoria”.
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