L’espulsione e l’accusa di essere “pericolosa”
Il giorno successivo, mentre si avviava a un’esercitazione in mare, Francesca Del Vecchio è stata fermata da alcuni attivisti: «Non possiamo fidarci di te, sei una giornalista pericolosa», le avrebbero detto, restituendole il passaporto e accompagnandola fuori dal porto.
Alla reporter sarebbe stato perfino vietato di prendere l’autobus con gli altri partecipanti. «Il mio lavoro non allineato è stato giudicato una minaccia», ha commentato la cronista, rimarcando come l’espulsione non infici l’intento umanitario della missione, ma sollevi interrogativi sul rapporto tra libertà di stampa e controllo dell’informazione.
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Il bilancio amaro
Nelle sue riflessioni finali, la giornalista sottolinea la delusione per non aver potuto svolgere liberamente la sua professione. «Quando uno sguardo viene allontanato perché non considerato utile allo scopo – scrive – si perde un’occasione per capire meglio il mondo che ci circonda». L’episodio, oltre a segnare un capitolo controverso nella storia della Global Sumud Flotilla, apre un dibattito più ampio sul diritto-dovere dell’informazione e sui limiti imposti in nome della sicurezza.