Clausura, sì. Ma anche dieta.
Durante il Conclave, la vita dei cardinali è regolata da una routine austera. E il pasto non fa eccezione. Nessuna cucina gourmet, zero concessioni al palato. Il menù – rigorosamente uguale per tutti – segue uno schema sobrio:
- Colazione leggera, spesso composta da caffè, frutta, pane;
- Pranzo completo, con un primo piatto (pasta o riso), carne bianca o pesce, e verdure;
- Cena frugale, sul modello del pranzo ma ridotto nelle quantità.
Tutto preparato e servito all’interno della residenza vaticana di Santa Marta, dove i cardinali alloggiano durante i giorni del Conclave. Nulla viene lasciato al caso. Ma – secondo gli americani – qualche spezia in più non avrebbe guastato. I cardinali statunitensi, si sa, amano mescolare sacro e ironia. Dolan è maestro del genere: battuta pronta, sorriso largo, capacità di alleggerire anche i momenti più solenni. Eppure, dietro il tono da stand-up comedy, si intravede una realtà interessante: anche la dieta, in Conclave, è parte della disciplina. Si pranza senza vino. Si cena presto. Si dorme poco. E si riflette tanto. Il cibo, quindi, non è un conforto. È parte del cammino.

Una mensa che non distrae
Non è sciatteria, né mancanza di cura. È voluto. Il pasto in Conclave è funzionale alla concentrazione. Evita dispersioni, chiacchiere inutili, tempi lunghi. Niente piatti elaborati, niente dessert teatrali, niente pause digestive da ristorante stellato. Del resto, l’elezione del Papa non è un’occasione conviviale. È un evento spirituale, istituzionale e drammaticamente umano. E come tale, anche i dettagli contano. Compreso il cibo, che diventa parte della liturgia invisibile di quei giorni sospesi. Ma qualcosa cambia, alla fine. Quando il fumo bianco si è alzato, quando il nome è stato pronunciato, quando il nuovo Papa ha detto “Accetto”, allora sì: anche la cucina si è sciolta. Tobin lo dice chiaramente: “Alla fine, ci hanno trattati bene. Un pasto magnifico, come se anche i cuochi sapessero che il momento meritava una celebrazione”.