Ventitré ore di ricerche disperate
Le operazioni di soccorso sono proseguite per tutta la notte e l’intera giornata successiva. La speranza, anche se flebile, era quella di un miracolo. Ma le condizioni del torrente, ingrossato dalle piogge recenti, rendevano le operazioni estremamente difficili: visibilità quasi nulla, acqua in piena e corrente impetuosa. Sono stati necessari sbarramenti artificiali a monte del punto di ricerca per ridurre la portata del Cormor e permettere l’accesso in sicurezza delle squadre. Le ricerche si sono concentrate nei pressi del cosiddetto “rullo” del torrente, ovvero l’ultimo punto in cui Baldin era stato avvistato.
Alle 16 del giorno successivo, domenica 25 maggio, l’elicottero del reparto volo di Venezia ha finalmente avvistato qualcosa tra le acque: un corpo, a una trentina di metri da quel punto. Era lui. “È lui, è il suo corpo”, hanno confermato poco dopo. Le speranze si sono spente del tutto.
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Il recupero del corpo e l’eroismo dimenticato
Il recupero del cadavere è stato affidato ai sommozzatori del Nucleo di Soccorso Subacqueo Acquatico del comando di Trieste, con il supporto dei soccorritori Fluviali Alluvionali. L’intervento si è svolto in condizioni complesse ma coordinate: oltre ai vigili del fuoco di Cervignano, erano operativi anche i distaccamenti di Latisana e Lignano, insieme ai subacquei dei comandi di Trieste e Venezia.
Nel frattempo, il cane che aveva dato origine a tutto questo è riuscito a salvarsi. Era stato recuperato poco dopo l’inizio delle ricerche, spaventato ma vivo. Una salvezza che oggi suona quasi beffarda, se paragonata al destino del suo padrone. Baldin è stato inghiottito dalle acque mentre tentava di fare ciò che per lui era naturale: proteggere il suo compagno a quattro zampe. Un gesto che dice tutto, senza bisogno di parole.
