Le condizioni di vita nel bosco e le criticità rilevate
La relazione evidenzia come il contesto in cui i bambini sono cresciuti fino all’intervento delle autorità fosse caratterizzato da un forte isolamento geografico e sociale. L’abitazione nel bosco, priva di impianti di base paragonabili a quelli di una normale casa, rendeva particolarmente complesso garantire la regolarità delle abitudini quotidiane, dall’accesso all’acqua calda alla possibilità di utilizzare servizi igienici tradizionali. Gli operatori sottolineano che la famiglia adottava uno stile di vita improntato all’autosufficienza e alla distanza dalla società organizzata, con conseguenze dirette sulla scolarizzazione dei minori, sulla frequenza di luoghi pubblici e sulla loro capacità di sviluppare relazioni continuative al di fuori del nucleo familiare. Le problematiche igienico-sanitarie vengono richiamate come uno degli elementi più evidenti: l’accesso irregolare a doccia e lavaggi, l’uso ridotto di detergenti, il cambio poco frequente degli indumenti e la mancanza di consuetudine con strumenti banali della vita domestica, come lo sciacquone del bagno o l’interruttore della luce. Dal punto di vista socioeconomico, i servizi sociali riferiscono di una situazione fragile e non strutturata, segnata dall’assenza di un reddito stabile e da risorse limitate, fattori che, combinati all’isolamento geografico, avrebbero reso ancora più complesso assicurare ai bambini un adeguato standard di vita in linea con le normative vigenti in materia di tutela dei minori.

Le difficoltà di socializzazione e il confronto con i coetanei
Nel documento degli operatori si fa riferimento in modo dettagliato al disagio dei bambini nel confronto con i coetanei incontrati all’interno della casa famiglia e nei contesti educativi a cui stanno progressivamente accedendo. Le principali difficoltà emergono durante le attività di gruppo, dove si manifestano limiti nelle competenze sociali di base.
Secondo gli assistenti sociali, le deprivazioni educative e relazionali sperimentate negli anni trascorsi nel bosco avrebbero inciso sullo sviluppo emotivo e cognitivo dei minori. I bambini mostrerebbero incertezza nel gestire il gioco condiviso, faticherebbero a rispettare turni e regole comuni e risulterebbero poco abituati a seguire ritmi e richieste tipiche della vita scolastica. Le carenze riguardano aspetti essenziali: partecipazione alle lezioni, capacità di restare seduti per un tempo definito, comprensione delle consegne, oltre a un livello di conoscenze generali non omogeneo rispetto alla media dei loro coetanei, anche a causa di una scolarità non continuativa o alternativa ai percorsi ordinari. Gli operatori evidenziano tuttavia che, all’interno del nuovo contesto, i bambini stanno iniziando un lento processo di adattamento. L’inserimento in gruppi strutturati, le attività ludico-educative organizzate dalla comunità e il supporto psicologico mirato sarebbero strumenti centrali per favorire l’acquisizione progressiva di competenze sociali, emotive e cognitive più stabili.

La paura degli oggetti di uso comune e il sonno disturbato
Alcuni episodi riportati nella relazione forniscono un’immagine concreta delle difficoltà di adattamento a una normale abitazione. Viene descritto, ad esempio, il sonno turbato dei bambini in presenza di oggetti che, per la maggior parte dei loro coetanei, risultano scontati e familiari, come l’interruttore elettrico o il pulsante dello sciacquone del bagno. Per i tre minori, questi elementi rappresentano vere e proprie novità, con cui non avevano avuto quasi alcun contatto negli anni trascorsi nel bosco. L’introduzione improvvisa a una routine domestica strutturata, con luci artificiali, rumori provenienti dall’impianto idrico e dalla casa, viene descritta dagli operatori come un fattore iniziale di ansia e disorientamento. Il timore manifestato nei confronti di strumenti comuni suggerisce, secondo gli specialisti, una scarsa familiarità con contesti abitativi standardizzati. Di notte, in particolare, luci che si accendono e si spengono, rumori del riscaldamento o dello scarico dell’acqua possono essere percepiti come elementi estranei, in grado di interferire con la qualità del riposo. In questo quadro, il lavoro degli educatori e degli operatori della comunità è orientato a ridurre progressivamente paura e diffidenza, spiegando il funzionamento degli oggetti, permettendo ai bambini di sperimentarli in modo guidato e garantendo una presenza rassicurante nei momenti di maggiore inquietudine.

Igiene personale, docce e abitudini quotidiane nella casa famiglia
Un capitolo specifico della relazione è dedicato alla gestione dell’igiene personale. Gli operatori segnalano che i bambini hanno accettato di fare la doccia solo la sera del secondo giorno di permanenza in comunità e, in quella circostanza, si sono lavati solo con acqua, rifiutando l’utilizzo di saponi e detergenti messi a disposizione dalla struttura.
Nel documento viene inoltre riportato che uno dei gemelli ha mostrato una marcata paura del soffione della doccia, reazione attribuita alla mancanza di precedente confidenza con quel tipo di impianto. I minori avrebbero inoltre riferito agli operatori che, prima dell’ingresso in casa famiglia, erano soliti cambiare i vestiti circa una volta alla settimana, in coerenza con uno stile di vita basato su risorse limitate e abitudini consolidate nel tempo. Per favorire un graduale avvicinamento a pratiche di igiene più frequenti e strutturate, la casa famiglia ha predisposto un accompagnamento costante: spiegazioni semplici, dimostrazioni pratiche sull’uso dei prodotti, presenza di adulti di riferimento durante i momenti del bagno, rispetto dei tempi dei bambini e delle loro resistenze iniziali. Nel corso dei giorni, secondo quanto emerge dalla relazione, i minori hanno iniziato a mostrare maggiore disponibilità verso le nuove routine: pur mantenendo qualche esitazione, avrebbero progressivamente accettato di utilizzare detergenti, shampoo e prodotti per la cura personale, sperimentando una sensazione di benessere legata alla pulizia e alla veste ordinata.