Perché ha colpito Turetta? Le ipotesi
Le motivazioni dietro al pugno sferrato contro Filippo Turetta – condannato per l’omicidio di Giulia Cecchettin – non sono ancora del tutto chiare. In un primo momento, si era parlato di un presunto “codice d’onore” carcerario, una reazione di disprezzo verso chi ha commesso un femminicidio. Una pista suggestiva, ma non suffragata da elementi concreti. Secondo indiscrezioni più recenti, invece, l’episodio sarebbe collegato a motivi pratici: Dromì avrebbe sospettato di essere spiato da Turetta oppure, ipotesi ritenuta più plausibile, avrebbe usato l’aggressione come strumento per ottenere il trasferimento già da tempo sollecitato. Alcuni parlano anche di debiti contratti con altri detenuti, che avrebbero spinto il 55enne a cercare una via di fuga attraverso il cambio di istituto penitenziario.

La posizione di Turetta
Filippo Turetta, inizialmente detenuto in regime di protezione, aveva chiesto di passare in sezione di alta sicurezza per poter partecipare ai programmi di lavoro e, al tempo stesso, sollevare l’amministrazione penitenziaria da responsabilità dirette sulla sua tutela. È stato proprio in questo contesto che è avvenuto l’attacco da parte di Dromì. Turetta, secondo quanto riportato, non avrebbe subito conseguenze gravi oltre al labbro spaccato, ma l’episodio ha acceso i riflettori sulle fragilità del sistema carcerario e sui rischi legati alla convivenza tra detenuti con profili molto diversi.
L’aggressione a Filippo Turetta da parte di Cesare Dromì rappresenta solo l’ultimo capitolo di una vicenda complessa, che intreccia dinamiche di potere, richieste di trasferimento e presunti debiti interni al carcere. Un fatto che, ancora una volta, mostra quanto siano delicate le equazioni all’interno delle strutture penitenziarie italiane, dove storie criminali e motivazioni personali si mescolano fino a esplodere in episodi di violenza.