Segnali di civiltà nel caos mediorientale
Nonostante questo scenario cupo, Crepet invita a non sottovalutare i gesti, anche minimi, che emergono nei conflitti. Così interpreta la telefonata di Netanyahu all’emiro del Qatar dopo un raid su Doha: “Chiedere scusa di un bombardamento mi sembra civiltà”. Non una svolta epocale, ma un segnale da prendere sul serio, perché nel linguaggio della politica internazionale i simboli e le parole contano quasi quanto i trattati scritti. È in questi spiragli che, secondo lo psichiatra, si annida la possibilità di ricostruire un dialogo, se non la pace.

Protesta sì, ma senza colpire gli innocenti
Il messaggio finale di Crepet è rivolto direttamente alle piazze italiane e internazionali. La rabbia per le vittime di Gaza può e deve tradursi in manifestazioni, ma sempre nel solco della non violenza. È la lezione di Gandhi e Mandela: “Hanno cambiato il mondo con la pace, non spaccando le vetrine delle banche”. Protestare è un diritto fondamentale, ribadisce, ma non a costo di punire chi non c’entra nulla. “Bloccare un treno di un povero pendolare… se questo non la chiamate violenza, allora la pensiamo in maniera diversa”. Un monito che chiude il cerchio: l’energia delle piazze può accendere la democrazia, a patto di non trasformarsi nella sua negazione.