Una protesta che scuote la città
Genova, con i suoi portuali in prima fila, si trasforma in un simbolo di resistenza. Bruciano i blocchi davanti ai varchi, mentre la folla intona cori di solidarietà per gli attivisti a bordo delle navi. Portuali e studenti marciano fianco a fianco, convinti che il gesto del blocco non sia solo una reazione, ma un atto politico destinato a fare storia. Le bandiere e i cartelli raccontano un’Italia che guarda a Gaza, che non vuole restare spettatrice. In mezzo a tutto questo, Simona resta con gli occhi sul cellulare, nella speranza che il figlio riesca a resistere. La sua voce è rotta, ma ferma: «Non so quando lo rivedrò».

L’incertezza e la paura
Le notizie che arrivano dall’abbordaggio sono frammentarie. C’è chi parla di navi militari che circondano la Flotilla, chi racconta di getti d’acqua arricchiti con sostanze chimiche urticanti, chi di arresti già in corso. La diretta diventa la sola finestra sul mare, e tutti la seguono con il fiato sospeso. Per Simona, ogni immagine ha un volto, quello di suo figlio. «Mi ha detto che attorno passano le navi militari, che salgono e portano via gli attivisti», sussurra.