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“Le hanno occupate”. Flotilla, scoppia il caos in Italia: l’ora più buia

Una mobilitazione che guarda oltre i cancelli

L’occupazione non è stata presentata come un atto isolato, ma come parte di un movimento più ampio che si estende ben oltre le mura accademiche. Gli studenti parlano di una mobilitazione popolare, che unisce associazioni, attivisti e semplici cittadini attorno al destino della popolazione di Gaza. Le università diventano così megafono di un disagio più grande, che lega l’indignazione per la guerra al desiderio di giustizia. Il riferimento costante è alla necessità di non restare indifferenti: chi studia e chi insegna, dicono, non può voltarsi dall’altra parte quando vengono colpiti diritti fondamentali come la vita e la libertà.

Il nodo politico e morale

Quello che emerge, dunque, non è soltanto un gesto di protesta giovanile, ma una chiamata alle responsabilità politiche e morali di un intero Paese. Gli studenti denunciano il rischio che l’Italia resti complice, pur senza schierarsi apertamente, scegliendo la strada della neutralità apparente. Occupare le università diventa allora un modo per scuotere le coscienze, costringere il dibattito pubblico a guardare verso Gaza e verso quelle navi cariche di aiuti ma anche di speranza. Il messaggio che parte da Napoli è chiaro: il silenzio istituzionale non è più tollerato, e la solidarietà con chi lotta per rompere l’assedio deve tradursi in azioni concrete.

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