L’apprensione dell’equipaggio a bordo della Flotilla dopo l’attacco
Le immagini e i racconti degli attivisti, come la denuncia di Yasemin Acar — “Siamo in acque internazionali, non trasportiamo armi ma aiuti. Israele uccide e affama migliaia di persone, mentre i nostri Paesi restano complici” — hanno amplificato l’indignazione online. Intanto, dalle reti di sostegno a terra è partito un appello ai governi dei 44 Paesi coinvolti perché presentino proteste formali.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, da New York dove partecipa all’Assemblea generale dell’Onu, ha chiesto a Israele di garantire “la assoluta tutela” dei connazionali e di rispettare il diritto internazionale. Lo stesso Tajani ha ricordato che la Farnesina aveva già segnalato la necessità che qualsiasi operazione fosse condotta con “cautela assoluta”, come riportato da Open.

La Flotilla, Israele e il rischio escalation
Il governo israeliano respinge le accuse e definisce la Flotilla “un’operazione organizzata da Hamas”, proponendo di far arrivare gli aiuti umanitari nel porto di Ashkelon, come riferito da Haaretz. Una proposta però respinta dagli attivisti, che denunciano un flusso di meno di 70 camion al giorno verso Gaza, a fronte di un fabbisogno almeno dieci volte superiore, come riportato da El País.
Intanto, il valico con la Giordania è stato chiuso, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria. Sullo sfondo resta l’ombra di un’escalation: la Flotilla prosegue la sua rotta verso Gaza, con gli occhi del mondo puntati addosso, mentre attacchi, tensioni diplomatiche e accuse incrociate rendono sempre più incerto il suo destino.