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Il quadro normativo: cosa prevede il D.P.R. del 14 marzo 2025

Il riferimento principale è il D.P.R. 14 marzo 2025 recante le «Modalità di esecuzione dell’Inno nazionale, ai sensi dell’Articolo 1 della legge 4 dicembre 2017, n. 181». Tale norma si inserisce nel percorso avviato con la legge 181/2017, che ha riconosciuto formalmente il Canto degli italiani di Goffredo Mameli, musicato da Michele Novaro, come inno nazionale ufficiale della Repubblica italiana. Il decreto ha lo scopo di fissare in modo chiaro il testo dell’inno e lo spartito musicale di riferimento, così da costituire una base unica per le esecuzioni istituzionali. Nel dispositivo viene ribadito il «riconoscimento del testo de ‘Il Canto degli Italiani’ di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale inno nazionale della Repubblica», con l’intento di eliminare varianti non previste dalle fonti originarie.

Il provvedimento definisce, inoltre, le circostanze in cui l’inno deve essere suonato o cantato, le modalità di esecuzione e le versioni considerate conformi. In particolare, viene privilegiata una esecuzione aderente allo spartito ufficiale, senza aggiunte o modifiche che non trovino riscontro nei documenti storici riconosciuti. In questo quadro, l’eliminazione del «sì» finale dalle cerimonie istituzionali rappresenta un adeguamento alla forma testuale e musicale di riferimento. In base a quanto reso noto, l’indirizzo non intende intervenire sulle pratiche spontanee in contesti non istituzionali, ma si rivolge in via specifica alle esecuzioni ufficiali, soprattutto laddove l’inno venga eseguito da bande militari, cori istituzionali o formazioni musicali incaricate di rappresentare lo Stato.

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Il nodo storico: testo di Mameli e spartito di Novaro

Il cuore del dibattito riguarda il rapporto tra il testo scritto da Goffredo Mameli e lo spartito musicale composto da Michele Novaro. Il «sì» finale non compare infatti nella versione del testo che Mameli inviò a Novaro, ma è presente nello spartito autografo redatto dal compositore. Questo scarto tra fonte letteraria e fonte musicale ha generato nel tempo diverse interpretazioni sulla legittimità dell’esclamazione conclusiva. Una conferma di questa differenza è contenuta nell’edizione critica dell’inno curata da Maurizio Benedetti e pubblicata nel 2019 dalle Edizioni del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino. In tale lavoro si evidenzia come l’esclamazione «sì!» sarebbe stata aggiunta da Novaro in sede di composizione musicale, presumibilmente per accentuare la chiusa e dare maggiore enfasi alla conclusione del brano.

La scelta attuale di non includere più il «sì» nelle esecuzioni ufficiali si colloca quindi all’interno di un più ampio percorso di ricostruzione filologica del Canto degli italiani, che tende a privilegiare le versioni documentate dalle fonti letterarie originarie. Il testo di Mameli viene assunto come base primaria, mentre lo spartito di Novaro è considerato nella sua forma ritenuta più aderente alle intenzioni dell’autore del testo. Questa impostazione, pur non cancellando la storia interpretativa dell’inno, definisce in modo puntuale cosa debba intendersi per versione ufficiale nelle circostanze di carattere statale. Le varianti, comprese quelle consolidate nell’uso popolare, vengono così distinte da ciò che è normativamente riconosciuto come forma autentica per gli usi istituzionali.

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