Sempio e l’ombra dell’impronta 33
Il nome di Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, era finito nell’inchiesta soprattutto per un dettaglio: uno scontrino di un parcheggio, che secondo alcune ricostruzioni lo avrebbe collocato in una fascia oraria compatibile con il delitto. Per Lovati, si tratta di un castello di accuse costruito sul nulla: «È un ragazzo normale, completamente estraneo ai fatti. È stato martoriato da sospetti infondati».
Anche sul fronte tecnico-legale, il difensore è netto: «L’impronta 33 non appartiene a Sempio. E lo vedrete. Lo stesso vale per il Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi».

L’ipotesi shock: la “massoneria bianca”
Ma se né Stasi né Sempio sarebbero gli assassini, allora chi ha ucciso Chiara Poggi? È qui che Lovati lancia la sua ipotesi più esplosiva: «Un’organizzazione criminale. Gente che ci mette due secondi a spararti in bocca».
Secondo il legale, il movente non sarebbe da ricercare nella vita privata di Chiara o nelle dinamiche sentimentali, ma in qualcosa di molto più oscuro. Le tracce porterebbero alle ricerche online che la ragazza effettuava nell’estate del 2007 e che sarebbero state conservate su una chiavetta Usb. Ricerche legate al santuario della Bozzola, ma che secondo Lovati rappresenterebbero solo la punta di un iceberg.
L’avvocato parla apertamente di indagini personali di Chiara su temi delicatissimi: «Pedofilia negli enti ecclesiastici e traffico di organi umani. Io la chiamo massoneria bianca». Una definizione che evoca scenari inquietanti e che riapre ferite mai rimarginate.
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Un delitto senza colpevoli?
Per Lovati, il delitto di Garlasco rischia di restare senza colpevoli. Le condanne di Stasi, le indagini su Sempio, i sospetti mai del tutto fugati: tutto, secondo il legale, sarebbe il frutto di depistaggi, interpretazioni forzate e verità giudiziarie mai coincidenti con la realtà dei fatti. «Andrea Sempio e Alberto Stasi sono innocenti – ribadisce – ma qualcuno ha voluto che il vero volto dell’assassino non venisse mai fuori».