L’enigma del piede nudo e l’ombra di una donna
Tra i dati più inquietanti, c’è anche il rilievo di un’impronta plantare nuda, con una caratteristica particolare: una deformazione compatibile con l’alluce valgo, una condizione che colpisce circa un quarto della popolazione, con una maggiore incidenza tra le donne. Quell’impronta non è mai stata associata né ad Alberto Stasi, né ai familiari di Chiara, né ai soccorritori. Rimane una traccia fantasma, al centro della scena del crimine, che nessuno ha mai saputo o voluto spiegare. Il medico legale Oscar Ghizzoni, consulente della difesa di Stasi, ha dichiarato che la morfologia del piede è incompatibile con quella dell’imputato. Eppure, questo dato è rimasto ai margini delle sentenze. La domanda sorge spontanea: se l’impronta non appartiene a Stasi, allora a chi? E se davvero si trattasse di una donna? Negli anni, alcune ipotesi alternative hanno parlato di una seconda presenza nella villetta, forse addirittura di una figura femminile coinvolta. Una tesi supportata anche da impronte compatibili con scarpe di taglia ridotta, emerse nelle primissime fasi dell’indagine.

Un caso che continua a dividere
Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, ha segnato profondamente l’opinione pubblica italiana. La condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione, arrivata nel 2015 dopo anni di processi, non ha mai davvero chiuso il caso agli occhi di molti osservatori. Le incongruenze nelle prove, le perizie discordanti, la gestione iniziale delle indagini e ora anche questi nuovi dettagli concorrono a mantenere aperta la ferita di Garlasco.
Nonostante il verdetto della Cassazione, sono ancora tanti i punti oscuri. E oggi, a diciotto anni dai fatti, il caso Poggi continua a interrogare un Paese intero. Non solo per ciò che è accaduto quella mattina d’estate, ma per tutto ciò che forse non è mai stato davvero raccontato fino in fondo.