Gino Cecchettin, sfuriata dopo il processo
“Io ieri mi sono nuovamente sentito offeso e la memoria di Giulia umiliata”. Lo scrive sui social Gino Cecchettin, papà di Giulia uccisa a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta, all’indomani dell’arringa difensiva pronunciata davanti alla corte d’Assise di Venezia. “La difesa di un imputato è un diritto inviolabile, garantito dalla legge in ogni stato e grado del procedimento. Tuttavia, credo che nell’esercitare questo diritto sia importante mantenersi entro un limite che, pur non essendo formalmente codificato, è dettato dal buon senso e dal rispetto umano”, spiega l’uomo, ieri assente durante la discussione degli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera. “Travalicare questo limite rischia di aumentare il dolore dei familiari della vittima e di suscitare indignazione in chi assiste” conclude Gino Cecchettin. (continua dopo la foto)
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La sentenza il 3 dicembre
Contro Turetta “le prove sono talmente evidenti – ha spiegato il pm Andrea Petroni nella sua requisitoria – che c’è l’imbarazzo delle scelta“. C’è la prova scientifica come le macchie di sangue della vittima trovate nell’auto dell’imputato; ci sono le telecamere che permettono di ricostruire la fuga su strade secondarie fino al lago di Barcis dove si disfa del corpo di Giulia Cecchettin; c’è la confessione resa durante l’arresto in Germania (dopo una fuga di sette giorni), ripetuta lo scorso dicembre nel carcere di Verona e nell’interrogatorio incerto in aula. Nel processo ‘lampo’ la difesa, che ha scartato la carta della perizia psichiatrica, chiederà per Turetta la condanna che gli spetta con la speranza che il carcere assuma la sua funzione di rieducazione permettendo al 23enne di capire il disvalore del suo gesto e dandogli la possibilità di riscattarsi. La sentenza è attesa il 3 dicembre.