231 giornalisti uccisi: la libertà di stampa sotto attacco
Il bilancio del conflitto è devastante anche per la stampa. Secondo Al Jazeera, in 21 mesi sono stati uccisi 231 giornalisti e giornaliste. Un dato mai registrato prima in alcuna guerra contemporanea. L’ultima vittima è Walaa Al-Jaabari, colpita da un raid israeliano nel suo appartamento a Gaza City. Con lei sono morti il marito, i figli e il bambino che portava in grembo.
La testimonianza di Thabit conferma che i pochi cronisti rimasti “non sono al sicuro e non hanno nemmeno da mangiare”. Il lavoro giornalistico in questa zona è oggi un atto di eroismo quotidiano, esercitato nonostante la censura, il fuoco e la fame. “Abbiamo perso colleghi, famiglie, case. Ma non possiamo smettere di raccontare”, afferma la reporter.
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L’appello ai colleghi: “Non dimenticate Gaza. Parlate di noi”
Il messaggio finale di Sally Abdullah Thabit è rivolto a chi fa informazione nel resto del mondo: “Parlate di noi. Non dimenticate Gaza. Raccontate i bombardamenti, le distruzioni, i massacri, ma anche la fame che ci sta uccidendo. È una nuova arma di guerra, e sta facendo strage di civili”.
Nel suo appello c’è la richiesta disperata di non voltarsi dall’altra parte, di continuare a garantire la copertura mediatica di un conflitto che cerca di spegnere ogni voce scomoda. “Guardate chi ogni giorno rischia la vita per far sapere al mondo cosa succede qui”, conclude Thabit.