L’elezione al Parlamento europeo
Il punto di svolta è arrivato con le elezioni del giugno 2024, quando Avs ha deciso di candidarla. Con 176mila preferenze, Salis è entrata a Strasburgo, ottenendo così l’immunità parlamentare. Una vittoria che lei stessa ha interpretato come via d’uscita da quello che definiva «un pozzo». Poche settimane dopo, l’11 ottobre, Budapest ha però presentato a Bruxelles la richiesta di revoca dell’immunità. La commissione Juri ha affidato il dossier al relatore Adrian Vazquez Lazara, deputato spagnolo che ha raccolto atti e testimonianze prima di sottoporre il caso al voto di oggi.

Cosa accadrà ora
Il voto della commissione non è vincolante ma ha un forte valore politico: rappresenta un primo segnale sulla direzione che potrebbe prendere il Parlamento europeo. Tutto ora si sposta alla plenaria del 7 ottobre, quando gli eurodeputati saranno chiamati a decidere. Se l’immunità fosse revocata, Salis dovrebbe affrontare il processo in Ungheria, ipotesi che lei stessa ha sempre contestato. La sua posizione è chiara: «Non voglio sottrarmi al processo, ma voglio essere giudicata in Italia, non in Ungheria, dove la magistratura non è indipendente e dove subirei condizioni detentive disumane». Un messaggio ribadito anche negli ultimi giorni, con la consapevolezza che il voto di Strasburgo sarà determinante.
Il percorso di Ilaria Salis continua dunque a rappresentare molto più di una vicenda giudiziaria personale. È diventato terreno di confronto politico tra chi denuncia le derive autoritarie di Budapest e chi, al contrario, difende la necessità di rispettare le richieste della giustizia ungherese. L’esito della votazione di ottobre sarà il banco di prova definitivo: l’Europa dovrà scegliere se garantire protezione politica alla sua parlamentare o se lasciarla nelle mani della magistratura ungherese.