I dubbi sulle procedure e la richiesta di ispettori ministeriali
Resinovich denuncia anche le modalità con cui si sarebbe svolta l’autopsia, accusando l’anatomopatologo di trattare i cadaveri “come manichini”. Chiede quindi l’intervento degli Ispettori del Ministero, per indagare su presunte anomalie, superficialità e omissioni emerse nel corso delle indagini.
Per Sergio, però, la frattura vertebrale non è l’elemento chiave: “Liliana è morta dopo essere stata picchiata. Non si è trattato di una caduta, ma di un’aggressione”. Il fratello ribadisce la necessità di scoprire chi fosse con lei negli ultimi istanti di vita. (continua dopo la foto)
Leggi anche: Lutto nella politica italiana: addio a una figura chiave

Spunta un testimone inatteso: chi aveva le chiavi di casa?
Il fratello della vittima ha rivelato di aver segnalato un testimone chiave alla Procura. Secondo lui, questa persona sarebbe in grado di dimostrare che in un giorno cruciale, nell’abitazione di Sebastiano Visintin – marito di Liliana – era presente un individuo non identificato, mentre Sebastiano si trovava altrove. La porta di casa non presentava segni di forzatura: quindi chi aveva le chiavi?
Sergio Resinovich lancia un ultimo appello: “La verità non è nella vertebra, ma nei dettagli trascurati. Le chiavi, il cordino, le presenze sospette. Chiedo solo che gli inquirenti chiudano questo cerchio, perché l’attesa è logorante”.