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Malore mentre si fa un toast, viene portata in obitorio ma è shock totale: familiari sconvolti

La mattina del 13 ottobre doveva essere una come tante per Olive Martin a Darlington, Regno Unito. Il profumo del pane tostato e la fretta di andare al lavoro, interrotti bruscamente da un collasso fatale. Ma ciò che è accaduto dopo ha trasformato un dramma personale in uno scandalo nazionale, sollevando domande inquietanti sull’affidabilità dei soccorsi. La 54enne è stata dichiarata morta e portata all’obitorio, dove il personale ha fatto una scoperta agghiacciante. Un errore che è costato caro e di cui la famiglia chiede giustizia.

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Il collasso, l’errore fatale e la scoperta shock all’obitorio

La cronaca di quella tragica mattina a Darlington, emersa durante l’inchiesta presso la Crook Coroner’s Court, è degna della peggiore delle fatalità. Olive Martin aveva appena iniziato la sua giornata, un dettaglio banale ma cruciale per la ricostruzione temporale: una fetta di pane nel tostapane, prima di dirigersi al lavoro. È in quel momento che un malore improvviso l’ha colta, facendola crollare sul pavimento della cucina. L’arrivo dei soccorsi, per quanto tempestivo, è stato purtroppo il preludio di un errore mastodontico. In una decisione che ha dell’incredibile, i paramedici, appartenenti al North East Ambulance Service (NEAS), hanno deciso di non trasportare la donna in codice rosso al pronto soccorso, ma di indirizzarla direttamente alla camera mortuaria dell’ospedale cittadino.

Una volta lì, la scena che si è presentata agli occhi del personale dell’obitorio è stata di quelle che fanno gelare il sangue. Aprendo il sacco, si è manifestato l’inimmaginabile: Olive Martin non era deceduta. Respirava. Reagiva. Il poliziotto John Gray della Durham Constabulary ha confermato in aula che erano stati rilevati “segni di attività cerebrale” e che la donna mostrava reazioni agli stimoli, “verbalmente o con la presa della mano”. Anche James Donnelly, per il NEAS, ha dovuto ammettere che “alcuni segni di vita” erano effettivamente presenti. Ma per la guerriera di 54 anni, come l’aveva definita la sua famiglia, questo miracolo è durato troppo poco: il cuore di Olive ha smesso di battere poco dopo, a causa di danni cerebrali ormai troppo estesi e irreversibili. Il dramma si era ormai compiuto, e il focus si è spostato sulla catena di eventi che ha portato a questa imperdonabile negligenza.

Il peso delle due ore perse

La famiglia di Olive Martin, già sconvolta dal lutto, è ora divorata da un interrogativo che risuona come un grido di dolore e accusa: il ritardo nel ricevere cure adeguate ha condannato la loro cara? L’avvocato della famiglia, Tom Barclay Semple, ha posto alla corte la domanda fondamentale: “E se fosse stata curata subito? Quelle due ore senza alcun intervento quanto hanno pesato?” Questo interrogativo è il fulcro dell’inchiesta e la chiave per comprendere se la vita di Olive avrebbe potuto essere salvata. L’attesa di due ore, trascorse in un luogo destinato ai defunti anziché in una sala rianimazione, è l’elemento che la famiglia non riesce ad accettare.

Non potendo il coroner Jeremy Chipperfield dire con precisione quanto tempo fosse rimasta senza ossigeno prima del ritrovamento, l’avvocato Semple ha fornito spunti cruciali per la ricostruzione temporale. Ha insistito sul dettaglio della colazione: “Quando Olive è stata trovata in cucina, aveva messo il pane nel tostapane. Doveva andare al lavoro. Se quella è la finestra temporale della crisi, possiamo partire da lì.” Ha aggiunto che dati come la temperatura corporea e l’orario esatto del ritrovamento potrebbero aiutare a stabilire con maggiore precisione la durata della privazione di ossigeno. Il punto è chiaro: se fosse stato rispettato il protocollo standard e fosse stata immediatamente ricoverata, quelle ore cruciali non sarebbero andate sprecate, offrendo alla donna una potenziale chance di sopravvivenza.

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