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Marco Simoncelli, il retroscena del medico: “Cosa vidi quando aprì la bara”

“Aprii la bara: volevo che la sorella potesse salutarlo”

Il momento più toccante del racconto arriva quando Costa rievoca il ritorno della salma di Simoncelli a Coriano, il piccolo paese in provincia di Rimini dove Marco era nato e dove tutta la comunità lo attendeva per l’ultimo saluto. «Feci qualcosa di non regolare. Aprii la bara per permettere alla sorella di poterlo vedere. In quell’istante vidi anche un documento, la relazione dell’autopsia. C’era scritto: No alcohol, no drugs. Mi riempì di gioia, perché significava che Marco era rimasto un ragazzo pulito fino alla fine». Un gesto che racconta meglio di mille parole il legame tra il medico e i suoi piloti, tra chi cura e chi rischia la vita per passione. Costa non nasconde l’emozione: «Quando un ragazzo muore, non smette di essere un pilota. Diventa un simbolo».

“Marco è diventato uno di noi”

Negli anni, il ricordo di Simoncelli è cresciuto fino a diventare leggenda. Per Costa, però, il ragazzo dai ricci ribelli è qualcosa di più di un’icona sportiva. «Marco è diventato uno di noi. È qualcosa di più grande di un pilota. È un simbolo di coraggio, di purezza. È parte di tutti noi che viviamo di moto e di passione». Chi ha conosciuto il medico sa che le sue parole non sono retorica. Nella sua lunga carriera, Claudio Costa ha assistito e salvato decine di piloti, riportandoli in sella dopo incidenti spaventosi. Ma con Simoncelli fu diverso: «Con lui se n’è andato un pezzo della nostra giovinezza. La MotoGP non è più stata la stessa. Era impossibile non volergli bene». Oggi, a più di dieci anni dalla sua morte, Marco Simoncelli è ancora ovunque: nei muri dipinti di Coriano, nei circuiti che portano il suo nome, nei cuori dei tifosi. E Claudio Costa, 84 anni e una vita passata tra dolore e rinascita, continua a raccontarlo come fosse ancora lì: «Marco non è solo un ricordo, è un’idea di libertà, di coraggio e di autenticità. È vivo in ogni motore che si accende e in ogni ragazzo che sogna di correre».

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