Le motivazioni addotte dai genitori
Secondo quanto dichiarato dalla Procura di Innsbruck, i due genitori, entrambi ventisettenni, vivevano in condizioni di grave disagio economico e sociale. Durante gli interrogatori, i genitori hanno sostenuto che la responsabilità delle loro azioni fosse da attribuire a un presunto “demone” che, a loro dire, si sarebbe impossessato del corpo del figlio. In alcune chat ora agli atti, i genitori si scambiavano messaggi in cui discutevano della presenza di questa entità, alla quale attribuivano le loro difficoltà familiari.
Nonostante la gravità delle accuse e la natura dei reati, una perizia psichiatrica ha stabilito che entrambi sono mentalmente capaci di intendere e di volere, pur soffrendo di disturbi sadici della personalità. Per la madre è stato disposto anche un ricovero in una struttura psichiatrica specializzata, ma le indagini proseguono per chiarire l’esatto ruolo di ciascuno nella vicenda.
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Nelle conversazioni analizzate dagli inquirenti, emerge una volontà precisa di “distruggere” il bambino, descritto come un essere posseduto. L’atto d’accusa riporta testualmente che la coppia si incoraggiava reciprocamente nel perpetuare le violenze: “Il nostro obiettivo era quello di causare una morte dolorosa al figlio, documentando tutto con foto e video”.
A completare il quadro, gli investigatori hanno scoperto che le tre sorelle maggiori del piccolo non mostravano segni evidenti di violenza, ma sono state comunque subito sottratte alla custodia dei genitori e affidate a una nuova famiglia, per garantire la loro sicurezza psicofisica.