7 anni dopo
Da sette anni Mattia è in stato vegetativo e ora, dopo un primo ricovero presso l’ospedale di Padova e un lungo soggiorno al centro di riabilitazione di Conegliano, viene seguito e curato a casa. Il papà del bambino, si prende cura di lui giorno e notte insieme alla moglie. “Gli diamo 47 farmaci al giorno – aveva raccontato – uno ogni ora e mezza“. Ogni giorno, ha spiegato ancora il papà, viene colpito da 30 cristi epilettiche e la sua situazione sembra essere in continuo peggioramento.
Lo scorso 9 marzo scorso, inoltre, l’Azienda per il turismo della val di Non ha conferito il suo marchio proprio allo stesso caseificio di Coredo per la produzione di una particolare tipologia di formaggio. Un riconoscimento che Maestri definisce “irrispettoso” nei confronti del figlio, annunciando azioni legali. (continua dopo la foto)
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Il risarcimento
Il giudice ha confermato in appello le condanne per le lesioni gravissime causate a Mattia per aver ingerito formaggio contaminato e prodotto dal caseificio di Coredo, in Val di Non. Ha quindi assegnato 600mila euro al bambino e 200mila euro per ciascuno dei due genitori, per un totale di un milione a titolo di provvisionale. Il padre del piccolo, che ora ha 11 anni: “Continuo a combattere affinché ciò che è accaduto a nostro figlio non si ripeta“.
Prosegue intanto – anche se incombe la prescrizione – il procedimento a carico di una dottoressa dell’ospedale di Trento che, secondo l’accusa, nel giugno 2017 avrebbe rifiutato di fornire un consulto ad un collega che si stava occupando della valutazione del piccolo Mattia. La dottoressa è stata rinviata a giudizio per lesioni personali colpose gravissime in attività medica e omissione di atti d’ufficio.