L’omelia del cardinale
Quest’anno però l’omelia del cardinale Battaglia ha assunto un tono ancora più drammatico. «Oggi la parola sangue ci brucia addosso perché il sangue è un linguaggio che tutti capiamo e che chiede conto a tutti», ha detto l’arcivescovo. «Il sangue di Gennaro si mescola idealmente al sangue versato in Palestina, come in Ucraina e in ogni terra ferita. Il sangue è sacro: ogni goccia innocente è un sacramento rovesciato». Il riferimento più forte è stato a Gaza: «Se potessi, raccoglierei in un’ampolla il sangue di ogni vittima, bambini, donne, uomini di ogni popolo, e lo esporrei qui, sotto queste volte, perché nessun rito ci assolva dalla responsabilità. È il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei accanto all’ampolla del santo, perché non esistono “altre” lacrime: tutta la terra è un unico altare».

Il messaggio da Gaza
La celebrazione ha ospitato anche un videomessaggio di padre Gabriel Romanelli, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. Le sue parole hanno commosso la cattedrale: «La situazione è molto grave in tutta la Striscia. Ci sono bombardamenti, continua la morte che ha già portato via decine di migliaia di persone, tra cui 18mila bambini. Manca la pace e le armi hanno preso il sopravvento». Presentando il video, l’arcivescovo Battaglia ha invitato a non rassegnarsi: «La pace è un dono e, se continuiamo con la preghiera e i nostri sacrifici, tutti possiamo collaborare alla pace. Dobbiamo convincere, con sincerità e carità, che la pace è possibile. Non è un’utopia».
La liquefazione del sangue di San Gennaro è un evento che da secoli accompagna la storia di Napoli, spesso interpretato come segno di buon auspicio per la città. Quest’anno, però, la ricorrenza si è caricata di un significato nuovo, intrecciando il rito con le ferite del presente. Il sangue del santo si è così trasformato in un simbolo universale, ponte tra fede e cronaca, tra il dolore di una città e quello di un mondo segnato da guerre e violenze.