
Tanzania, elezioni confermano Samia Suluhu Hassan: proteste e scontri
Secondo un articolo de Il Fatto Quotidiano, la presidente uscente della Tanzania, Samia Suluhu Hassan, è stata confermata con il 97,66 % delle preferenze, in un Paese dove il voto del 29 ottobre ha scatenato proteste e repressione.
Nelle prime ore successive all’elezione, si sono registrati scontri con le forze dell’ordine che, stando all’opposizione, hanno causato almeno 700 morti in tre giorni: una cifra contestata, con alcune indicazioni che suggeriscono un numero più basso — intorno a 500.
Il quotidiano segnala inoltre che gli ospedali sarebbero pieni di feriti, ma che è estremamente difficile ottenere conferme certe, dato che le comunicazioni Internet sono state interrotte a livello nazionale.
Studenti italiani bloccati: preoccupazione e attesa
Tra coloro che vivono l’incertezza di questi giorni si trovano anche alcuni cittadini italiani. Un gruppo di studenti, impegnato in un programma di cooperazione scolastica in Tanzania, è attualmente impossibilitato a lasciare il paese a causa delle restrizioni ai trasporti. Le famiglie seguono l’evolversi della situazione tramite continui contatti con la Farnesina, che monitora il dossier pur mantenendo la massima riservatezza. Al momento, non è stata ancora comunicata una data precisa per il rientro degli studenti.
Fonti ufficiali rassicurano sulle condizioni di salute dei ragazzi, ma il contesto circostante resta instabile. Gli studenti si trovano in una zona soggetta a frequenti controlli e posti di blocco, dove le informazioni giungono solo in modo intermittente. Le autorità italiane stanno lavorando in coordinamento con le istituzioni locali e le organizzazioni internazionali per garantire la sicurezza e il ritorno in patria degli studenti.
Le testimonianze raccolte dai familiari sottolineano la preoccupazione e l’angoscia vissuta nelle ultime ore, aggravate dall’assenza di notizie certe e dalla sensazione di isolamento. “Sappiamo che stanno bene, ma il silenzio e la mancanza di comunicazioni ufficiali ci mettono in grande apprensione”, raccontano alcuni parenti.
La crisi politica che sta avvenendo in Tanzania ha inevitabilmente assunto una dimensione umanitaria. Oltre alle vittime e ai feriti, migliaia di persone sono rimaste senza casa o sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Le organizzazioni internazionali chiedono l’immediato ripristino della trasparenza e la tutela dei diritti civili, mentre la comunità internazionale segue con attenzione l’evolversi della situazione.
La paralisi di un paese e lo stallo delle istituzioni
Le opposizioni chiedono con fermezza l’annullamento del voto, sostenendo che la consultazione sia stata viziata da irregolarità e intimidazioni. Il governo, dal canto suo, continua a garantire “ordine e continuità”, respingendo ogni accusa di manipolazione o violenza organizzata. Nel frattempo, le organizzazioni internazionali invocano trasparenza e l’avvio di indagini indipendenti sulle violenze segnalate.
La conta delle vittime rimane uno dei punti più controversi. Tra i dati ufficiali, che parlano di poche decine di morti, e le stime fornite dall’opposizione e dalle ONG, che superano le settecento vittime, si inserisce una crescente sfiducia nell’operato delle istituzioni. La mancanza di una fonte attendibile e la presenza di narrazioni contrastanti rendono impossibile una ricostruzione oggettiva degli eventi.
La crisi politica in Tanzania rischia così di diventare una crisi permanente, in cui la sospensione della vita pubblica e delle attività economiche mette in ginocchio la popolazione. Molti cittadini temono ripercussioni anche a lungo termine, soprattutto in termini di sicurezza e di prospettive future.
In questo quadro di incertezza, l’attenzione resta alta anche per la comunità internazionale, chiamata a monitorare la situazione e a intervenire qualora vi fossero ulteriori escalation di violenza o violazioni dei diritti umani. Il destino del paese e dei cittadini stranieri rimane sospeso, in attesa di sviluppi che possano riportare stabilità e sicurezza.