Omicidio Yara. Sono passati 12 anni dal ritrovamento del corpo senza vita di Yara Gambirasio, ragazza 13 enne scomparsa da Brembate di Sopra nel novembre 2010, e ritrovata assassinata a febbraio dell’anno dopo. Il caso si è chiuso solamente svariati anni dopo, con la condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti. Quest’ultimo, rinchiuso nel carcere di Bollate da 5 anni, si è lasciato andare ad un annuncio che ha gelato l’Italia.
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Omicidio Yara, Massimo Bossetti condannato all’ergastolo
Yara Gambirasio aveva solo 13 anni quando è scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata, successivamente, in modo del tutto casuale tre mesi dopo in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante circa 10 chilometri da Brembate di Sopra, luogo dove abitava la ragazza. Vengono rilevati sul corpo numerosi colpi di spranga, un trauma cranico, una profonda ferita al collo e almeno sei ferite da arma da taglio. Il caso ebbe un grande eco mediatico, soprattutto per la brutalità e per la giovane età della vittima. L’indagine fu molto estesa e per cercare di trovare l’assassino effettuarono il test del DNA a 25.700 persone. Dopo un lungo processo fu condannato il muratore Massimo Giuseppe Bossetti, con il movente di aggressione sessuale. Nel 12 ottobre 2018 Bossetti fu condannato all’ergastolo e tutt’ora sta scontando la sua pena nel carcere di Bollate. (continua dopo la foto)
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L’annuncio di Massimo Bossetti
Sono passati 5 anni dalla condanna definitiva di Massimo Bossetti, che si è sempre dichiarato innocente. Il suo legale, Claudio Salvagni, ha rilasciato un’intervista a Cusano Italia Tv dichiarando di non voler solo guardare i reperti, ma anche esaminarli.
“Molti ancora oggi si chiedono: perché impedire alla difesa di fare la prova scientifica sul Dna? Se voi dell’accusa siete così sicuri del risultato che timore avete? Tutto questo continua ad alimentare il dubbio nell’opinione pubblica, la quale continua a convincersi sempre di più che in carcere ci sia veramente un innocente“. La speranza di Bossetti è ovviamente che arrivi l’ok per l’esame dei reperti. “L’analisi di quei reparti consentirà di dimostrare la mia innocenza”, ha detto il condannato.