Le posizioni nel governo e nella maggioranza
La prospettiva di inserire il ponte sullo Stretto tra gli investimenti strategici per la sicurezza era stata sostenuta non solo da Salvini, ma anche da altri membri dell’esecutivo. Il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco aveva affermato in Parlamento che “anche il ponte sullo Stretto potrebbe essere considerato coerente con le linee guida Nato ed europee in tema di sicurezza integrata e mobilità strategica”. Questa posizione era stata condivisa da diversi esponenti di governo, che vedevano nell’opera un potenziale vantaggio sia per il Paese sia per l’Alleanza Atlantica. Pochi giorni dopo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, leader di Forza Italia, aveva sottolineato che il ponte avrebbe potuto “garantire la sicurezza” in un contesto in cui solo una percentuale ridotta delle spese della Difesa viene dedicata a investimenti infrastrutturali. Tajani aveva dichiarato: “Se vogliamo un’Italia più sicura servono anche infrastrutture che consentano lo spostamento rapido dei cittadini”. L’argomento della sicurezza e della mobilità strategica è stato dunque utilizzato per giustificare la necessità di un’opera di questa portata, ma le recenti precisazioni governative hanno modificato in parte la narrazione ufficiale. La questione resta comunque centrale nel dibattito politico, con la maggioranza impegnata a difendere il progetto anche alla luce delle nuove condizioni poste dagli alleati internazionali.

Le critiche dell’opposizione
Il dietrofront del governo non è sfuggito alle forze di opposizione. Il Movimento 5 Stelle ha sottolineato il tentativo fallito di far rientrare il ponte tra le spese militari strategiche, utile a raggiungere più facilmente l’obiettivo del 5% del Pil destinato alla difesa, promesso dalla premier Giorgia Meloni su pressione di Washington. La senatrice Ketty Damante ha dichiarato: “La finanza creativa di questo governo ha trovato le porte chiuse dagli amici americani. È l’ennesima dimostrazione che non solo non si sa come coprire le assurde richieste di Trump, ma che l’Italia non è considerata un alleato affidabile”. L’opposizione critica anche la scelta di destinare una somma così rilevante esclusivamente a carico della finanza pubblica, sostenendo che il costo dell’opera ricadrà sui cittadini e sottrarrà risorse a settori essenziali come sanità e istruzione. Viene inoltre evidenziato il rischio che il progetto possa limitare la capacità di investimento dello Stato in altre infrastrutture di maggiore utilità pubblica. Le perplessità espresse dalle forze politiche contrarie al ponte sono condivise anche da alcune associazioni e da esperti di economia, che temono un impatto negativo sui conti pubblici e sulla sostenibilità finanziaria del Paese.

Un progetto al centro delle tensioni
Il ponte sullo Stretto di Messina, lungo circa 3,3 chilometri, rappresenta una delle sfide ingegneristiche più complesse mai affrontate in Italia. Oltre agli aspetti tecnici, l’opera continua a essere al centro di tensioni politiche e diplomatiche. I sostenitori ritengono che il ponte sia un’infrastruttura essenziale per la modernizzazione del Mezzogiorno e per il rafforzamento della connettività europea, mentre i detrattori lo considerano un investimento sproporzionato e di dubbia utilità, anche in relazione ai rischi potenziali in caso di crisi internazionali. Dal punto di vista della sicurezza, alcune analisi indipendenti hanno evidenziato che la struttura potrebbe diventare un obiettivo sensibile in caso di conflitto, aumentando i rischi anziché garantire maggiore protezione. Questo aspetto è stato più volte sottolineato anche da organizzazioni non governative e centri di ricerca specializzati in geopolitica. La decisione definitiva di finanziare il ponte esclusivamente con fondi statali pone ulteriori interrogativi sulla gestione delle risorse pubbliche e sulle priorità infrastrutturali del Paese. Molti osservatori internazionali guardano all’evolversi della situazione come a un test della capacità italiana di bilanciare sviluppo interno e impegni con gli alleati. Nonostante la correzione di rotta annunciata dal governo, rimane da valutare se questa scelta sarà sufficiente a ridurre le tensioni sia a livello nazionale che internazionale, in attesa di ulteriori sviluppi e di possibili reazioni da parte degli altri Stati membri della Nato e delle istituzioni europee.
L’evoluzione della vicenda del ponte sullo Stretto di Messina mette in luce la complessità di integrare obiettivi infrastrutturali, esigenze di sicurezza e vincoli finanziari in un quadro di relazioni internazionali sempre più dinamico. Il dibattito sul ponte resta aperto, con posizioni contrapposte e una posta in gioco significativa sia per il futuro del Mezzogiorno sia per l’immagine dell’Italia in Europa e nella Nato.