Reazioni alla proposta: “Qualcuno non l’ha presa bene”
Il giornalista ha ribadito che la sua proposta non è provocatoria, ma un invito autentico alla riflessione su come la solidarietà debba essere espressa in modo concreto, specialmente quando la vita e la sicurezza di un collega vengono minacciate. Ha sottolineato l’importanza di superare le divisioni e di riconoscere il valore del pluralismo informativo, anche in situazioni di conflitto.
Alla domanda se ci fossero state reazioni immediate tra i querelanti dopo il suo appello, Storace ha risposto senza esitazione: “Sì, ho ricevuto alcune telefonate e non erano contenti. Ma almeno sono stati sinceri”. Tuttavia, ha mantenuto il riserbo sull’identità di coloro che l’hanno contattato: “Questo non lo dirò nemmeno sotto tortura”.
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Solidarietà e diritto di critica: una questione di coerenza
Nel corso dell’intervista, Storace ha approfondito il senso del suo appello, evidenziando il legame tra solidarietà concreta e il diritto alla critica. “Penso che se tu quereli uno, non gli dai nemmeno il saluto. Figuriamoci davanti a un attentato. Che fai, gli dai la solidarietà?”, ha dichiarato, ponendo l’accento su una certa incoerenza tra azioni e parole. “Se l’attentato fosse arrivato in porto e l’avessero ammazzato, la querela non avrebbe più senso di esistere. Quindi per ritirarla bisogna aspettare che uno muoia? Io voglio una solidarietà sincera, non di facciata”, ha aggiunto, invitando tutti a riflettere sul significato autentico della solidarietà tra colleghi.
Storace ha sottolineato come il ritiro delle querele sarebbe un atto di coerenza e di responsabilità, in un contesto in cui la libertà di stampa è spesso minacciata da strumenti legali utilizzati in modo strumentale. “Io non sono solo per il diritto, ma per il dovere di critica. E anche per la satira più spietata. Se un giornalista scrive il falso su di me, gli rispondo pubblicamente. La querela deve restare un’extrema ratio, non un’arma preventiva contro il dissenso”. Queste parole riaprono il dibattito sulla funzione della querela nel giornalismo italiano, spesso usata come strumento di pressione più che di tutela, e sulla necessità di difendere il confronto aperto e la responsabilità delle parole.

Governo e informazione: le polemiche e il dibattito pubblico
L’ex ministro ha commentato anche alcune reazioni provenienti dall’area progressista, criticando in particolare le dichiarazioni di Angelo Bonelli di Avs. “Mi ha fatto arrabbiare Angelo Bonelli di Avs, che sento spesso in radio nella trasmissione che conduco con Vladimir Luxuria”, ha detto Storace. “Nella sua condanna contro l’attentato sembra che c’entri qualcosa il governo. Ma che c’entra il governo con l’attentato a Ranucci? Non è che se ti critico sto proponendo a qualcuno di spararti”.
Il confronto sulle responsabilità delle istituzioni nel garantire la sicurezza dei giornalisti si intreccia con quello più ampio sulle parole e il loro impatto. Storace non ha escluso la necessità di un’autoregolamentazione nel linguaggio pubblico, ma ha evidenziato che le minacce non riguardano solo una parte politica: “Sì, certo che le parole pesano. Ma pesano anche le minacce contro il mio direttore Mario Sechi o contro la cronista del Tempo che ha scritto dei rapporti tra sinistra e Islam estremista”. Nel suo intervento, Storace ha sollevato anche la questione delle querele tra giornalisti, definendola un’anomalia preoccupante. “Ci sono giornalisti che querelano giornalisti, per me è qualcosa di incredibile”, ha osservato con amarezza. “Vuol dire che si è superato ogni limite. E così diventa difficile capire chi ha torto e chi ha ragione”.

Il ruolo della Rai e la tutela del pluralismo
Storace si è soffermato anche sulla situazione interna alla Rai, dopo la decisione di affiancare a Report una figura esterna di vigilanza. Ha affermato: “La Rai un programma come questo se l’è tenuto, nonostante le probabili pressioni per toglierlo. Anche io ho dei problemi con il mio programma radiofonico, ma continuo a farlo”.
Il giornalista ha poi respinto l’etichetta di “TeleMeloni”, spesso attribuita in polemica all’attuale governo. “Non credo si possa parlare di TeleMeloni, come qualcuno dice con fantasia. È chiaro che quando governa la destra ci sarà un’informazione più sensibile, ma è sempre stato così anche in passato. È sempre successo”, ha concluso, richiamando alla memoria le dinamiche storiche che hanno sempre caratterizzato il rapporto tra media e potere politico in Italia.