L’accusa del centrodestra
Non si è fatta attendere la replica di Fratelli d’Italia. Nicola Procaccini, europarlamentare del partito, ha definito il gesto «una schifezza morale e legale», puntando il dito contro la strumentalizzazione del conflitto in Medio Oriente per fini di parte. «Se a compiere la stessa infrazione fosse stato il centrodestra, la sinistra avrebbe sollevato un putiferio», ha rincarato Procaccini. Il cosiddetto “giorno di riflessione” non è una formalità: serve a garantire agli elettori 24 ore di tregua dai messaggi di parte, per meditare con serenità il proprio voto. Ogni comizio, evento o manifestazione con riferimenti diretti o indiretti alle urne è vietato, tanto più se avviene in spazi pubblici molto frequentati. Piazza San Giovanni, cuore della protesta, rientra a pieno titolo in questa categoria.

La replica di Bersani alle accuse
La leggerezza di Bersani stupisce non solo per il curriculum, ma per la consapevolezza che ci si aspetterebbe da un veterano delle istituzioni. A molti, la scelta di ignorare le regole appare come un autogol che incrina la sua autorevolezza. Il caso riaccende il dibattito su come e quanto le manifestazioni “tematiche” vengano sfruttate per altre battaglie: da Gaza ai referendum, passando per la campagna Ue. Se l’obiettivo era dare voce alla solidarietà per il popolo palestinese, il cappellino “SÌ” ha finito per scuotere l’opinione pubblica su tutt’altro terreno. Nelle scorse ore proprio Bersani all’«Ansa» ha dichiarato: «C’era il sole, mi hanno allungato un cappellino e l’ho preso. Se veniva Procaccini e mi dava un Borsalino, mettevo quello».