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Riccardo Boni morto sepolto dalla sabbia, come è potuto succedere: l’allarme da uno studio americano

Una dinamica letale: i dati internazionali

Lo stesso studio evidenzia che tra il 1985 e il 2006 sono stati registrati almeno 31 decessi legati a questo tipo di incidenti, estendendo il monitoraggio anche a Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. In quasi tutti i casi, la dinamica è la stessa: buche scavate per gioco, su spiagge libere, senza che nessuno ne intuisca il potenziale pericolo.

Altri 21 incidenti sono stati documentati con esiti non fatali solo grazie all’intervento tempestivo di bagnanti o soccorritori, spesso con l’ausilio della rianimazione cardiopolmonare. Le vittime, in gran parte, sono maschi tra i 3 e i 21 anni. Un rischio reale, che viene però ignorato o sottovalutato, anche per l’apparente innocuità del gesto.

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La sabbia può uccidere: l’appello degli esperti

I genitori non devono lasciare i figli scavare buche profonde senza supervisione”, è l’appello lanciato da Bradley Maron, che ogni anno, da quando ha iniziato a studiare il fenomeno, ricorda ai bagnini la pericolosità delle cavità di sabbia. Sulle spiagge di Martha’s Vineyard, dove il medico trascorre l’estate, i bagnini hanno ricevuto istruzioni precise: le buche che superano l’altezza della vita devono essere immediatamente riempite.

Riccardo Boni, che amava il mare come ogni adolescente, non sapeva di star giocando con un pericolo così subdolo. La sua morte, assurda e improvvisa, riapre una riflessione urgente sulla sicurezza in spiaggia. Non basta più vietare fuochi o tuffi dai moli: anche la sabbia può uccidere. E come dimostrano i dati, lo fa più spesso di quanto si pensi.

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